Fassino va a rimorchio: «Basta con i privilegi» Ma i ds: vogliamo i fatti

Alla festa nazionale dell’Unità il segretario sale sul carro del comico: «Moralizziamo». Poi si commuove nel dare l’addio ai suoi

nostro inviato a Bologna

«Ma il cielo è sempre più blu-u-u», canta Rino Gaetano e cantano i dirigenti diessini sul palco. E intanto piove a dirotto sul popolo della Quercia, sull'ultima Festa dell'Unità, sull'ultimo comizio conclusivo dell'«ultimo segretario nazionale dei Ds», come si autodefinisce (col groppo in gola, mentre sul podio la moglie Anna Serafini e la ministra Livia Turco iniziano inesorabilmente a singhiozzare) Piero Fassino.
Pierluigi Bersani è tra i pochi a mantenere il buonumore e la proverbiale autoironia: «Per fortuna che il cielo è blu, ma di un blu che più blu non si può… Non vedo neanche una punta di negatività, no?». C'è poco da fare: Fassino ce l'ha messa tutta, per volgerla in positivo, per spiegare ai suoi che qui non si celebra un addio ma «un grande progetto che comincia»; che «qui non finisce la nostra storia ma ne inizia una nuova e più grande»; che bisogna «avere fiducia». Ma mestizia e incertezza sul futuro si respirano a folate, nel catino dell'arena del Parco Nord di Bologna che si svuota tra tuoni e nuvoloni neri mentre ancora il segretario sta parlando.
È l'ultima festa dei Ds, ed è l'addio del segretario che ringrazia i suoi per «questa straordinaria, indimenticabile esperienza» che «è stata come una lunga storia d'amore». E che all'ultimo si gira verso la sua sinistra, là dove Veltroni è seduto a fianco di Massimo D'Alema e vicino a Dario Franceschini (unico esponente della Margherita presente), e lo indica: «E adesso tocca a te, caro Walter. Buon lavoro». Già: ora tocca a Walter, e dalle facce tese e scure della nomenklatura ds su quel palco si capisce quanto sia costato quell'inevitabile passaggio di testimone.
Ma neppure Veltroni, l'erede designato, sorride. Per nulla. C'è poco da sorridere, in effetti. A pochi minuti dall'inizio della manifestazione rimbalza anche a Bologna l'annuncio minaccioso di Beppe Grillo, che si farà le sue liste alle prossime amministrative. E nella Quercia si respira un clima di allarme che ricorda da vicino quello funesto del 2002, quando un altro «guitto», Nanni Moretti, scatenò i Girotondi contro la sinistra ufficiale. «Fa le liste, eh? Be’, era inevitabile», scuote la testa Bersani. «Non è mandando a quel paese la politica che si salva l'Italia», ammonisce Fassino. «L'attacco di Grillo ai nostri partiti è infondato», inveisce la Turco. Ma si sta giocando di nuovo in difesa, assediati dalla piazza. E lo stesso (ultimo) segretario dei Ds mostra di capire benissimo quale sia l'umore diffuso anche nel suo popolo, e quanto sia fondato (e inquietante) quel sondaggio di Repubblica che giorni fa diceva che il 60% dei «grillanti» si trova proprio tra gli elettori del futuro Pd. «Di fronte alle manifestazioni di antipolitica di questi giorni, la cosa peggiore sarebbe quella di volgere lo sguardo dall'altra parte: a quel malessere va data risposta», ammonisce Fassino. Attenti, avverte, perché «il giorno in cui i partiti fossero distrutti a comandare sarebbero poteri più opachi e meno legittimati». Ma gli applausi più scroscianti se li prende proprio quando fa una tirata che a Grillo non dispiacerebbe: «Chiediamo ai partiti - anche a noi stessi - di dar corso subito a atti coerenti e visibili di moralizzazione», tuona. Basta «nomine pletoriche, spartizioni e lottizzazioni», «si metta mano alla riforma della Rai», «si sopprimano gli enti inutili», «le Regioni revochino l'aumento inutile dei consiglieri», «si riduca il numero dei parlamentari», «si abolisca la selva di privilegi per chi ha incarichi pubblici». Dalla folla parte un grido: «Fatelo! Vogliamo i fatti!».

Fassino continua a tuonare: ai politici chiede di «andare allo stadio o al cinema pagando il biglietto, di fare la fila alle casse al supermercato, di accompagnare i figli con la propria auto… ». Non parla di aerei, ma Mastella è servito, tra i boati di giubilo del popolo diessino.

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