Fateci tornare signorine: sempre meglio di single

Fateci tornare signorine: sempre meglio di single

Un diminutivo che in realtà allunga e stigmatizza. Un vezzeggiativo al fiele, con quelle due letterine in mezzo a far perdere tempo alla lingua, ma a sbrigarsela in fretta su chi ci si pronuncia. «Signorina», che è tutt’altro che «signora». Perché non è un fatto di età. Certe volte si continua ad essere «signorine» molto dopo che si è smesso di esserlo per l’anagrafe. Ed è allora che iniziano i guai con quelle due sillabe appuntite. «Vi presento la signorina...» e voi lì, in mezzo alla stanza, vestite di tutto punto eppure nude. «Signorina», «zitella», «eterna figlia», «sola», «acida», «avvizzita»... O anche peggio: «single».
Secondo alcuni essere appellata «signorina» è come girare col passaporto aperto in mano e forse anche con il 740 e con le analisi del sangue: tutto insieme. Non è una parola, è una delazione. Sarà per questo che in un paesino della Bretagna, Cesson-Sévigné, il termine «mademoiselle» (la traduzione francese, quindi già foneticamente ingentilita, dell’italiano «signorina») è stato abolito nei documenti perché considerato inappropriato, maschilista e intrusivo.
In Italia l’hanno già cancellato da tempo. Ormai anche dal lessico, in quanto «cafone», un po’ come augurare «buon appetito» prima di iniziare a mangiare. Tutto a un tratto non si è usato più. Mandando in pensione forzata una nutrita schiera di orgogliose signorine del nostro immaginario: dalle mitiche annunciatrici Rai alla cinica snob Franca Valeri, dall’inarrivabile Coco Chanel alla rigida istitutrice Rottermaier. Improvvisamente ci hanno volute tutte «signore», indipendentemente dall’anagrafe, dallo stato civile e dallo stile, ci verrebbe da aggiungere. Mentre, in realtà, il termine «signora» è tutt’altro che semplice da conquistare e spesso non bastano né gli anni né i matrimoni. E, di contro, il democratico termine «signorina», che metteva al riparo da tante difficoltà di definizione quante si erano misurate con la vita con meno successo, l’appellativo che non si negava a nessuna, è stato stralciato dal vocabolario.
Non ci resta che «single» (che oltretutto ha il solito problema: non è nemmeno italiano, se non ve ne siete resi conto), o «zitella», o «convivente senza fede al dito», o «non scelta», o «tardona madre» (come usa oggi). Bell’affare. Un altro grazie alle femministe che devono essersi insospettite per il semplice fatto che «signorino» al maschile non esiste o almeno non esiste più. E non hanno considerato il fatto che per loro, i maschi, nemmeno esiste il problema di essere definiti e men che meno quello di autodefinirsi. Perché loro, i maschi, o sono sposati o sono fighi che sono riusciti a restare liberi. Mentre a noi hanno tolto anche quella cipria anni Cinquanta sulla parola «signorina» che ci serviva a imbellettare la realtà dei fatti e a ricordare a chi di dovere di non aver fatto il proprio dovere.
Perché sapeva anche un po’ di bustini ordinati al sarto, di paste della domenica, della zia che si preoccupava perché non ci eravamo ancora maritate, ma che ci sperava sempre perché con quel «personalino»...
Troppo comodo chiamarci tutte «signore». Signora a chi? A noi non ci ha sposato proprio nessuno, ma non per questo siamo peggio di altre, e non ci siamo ancora tolte il futuro dai pensieri e non vogliamo essere chiamate «single» e ogni volta che ci danno della «signora» ci viene voglia di confessare la bugia e di scusarci per l’involontario bluff e ci sentiamo ancora più zitelle di prima.

Non l’abbiamo chiesta noi questa promozione immeritata che ogni volta ci ricorda il tre meno meno in Sentimenti. Chi ve l’ha detto, a voi che ci avete ridotto il vocabolario, che non siamo state chi ci chiedevamo di essere?

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