«Fatemi giocare da Del Piero»

«Contro l’Australia mi sono sacrificato, spero mi chiedano anche di fare qualcos’altro»

Nostro inviato

ad Amburgo

L’urlo di Del Piero. Che sveste i panni di Achille, ma non indossa nemmeno quelli di Alex. Non è contento delle nuove critiche piovutegli addosso, nello sfogo di ieri al campo di Meiderich c’è la crisi di identità del giocatore e la voglia di dire basta a una versione di sé, quella azzurra, che non ha mai convinto. «Contro l’Australia mi è stato chiesto di svolgere un certo tipo di ruolo - sottolinea - ho accettato e l’ho svolto in maniera molto buona, visto che sulla fascia destra in difesa non abbiamo rischiato niente e in attacco abbiamo creato 4 palle gol e due sono partite dal mio piede». La rivendicazione di Alex arriva per incassare quanto dovuto: «Sto dicendo una cosa non da Del Piero - puntualizza - mi sono mascherato da qualcun altro, ma qualche volta è bene far notare certe cose». E così l’ex Pinturicchio (così lo chiamava l’avvocato Agnelli), Godot e ora Achille (l’ultimo paragone lo ha fatto lui nei primi giorni dell’esperienza tedesca) assume un’altra identità. Non è più lui, Del Piero, in campo - perché Lippi lo schiera laggiù a sinistra chiedendogli anche di tamponare - e vorrebbe che questo sacrificio fosse notato. Siccome sono piovute le bocciature, adesso non ci sta più. E si difende: «In un anno come questo, fra mille difficoltà, non ho mai smesso di credere in certi valori, in certe cose. Ne sono convinto ancora adesso, come lo ero con la maglia della Juventus, dove nonostante tutto ho giocato quest’anno come non mai. La mia media gol è stata superiore anche a quella degli anni d’oro e questo mi ha confermato che la strada da me intrapresa è quella giusta». E tanto per chiarire, aggiunge: «Spero che in futuro mi venga chiesto qualcosa da Del Piero».
Il nuovo Alex travestito da “qualcun altro” è anche molto più netto quando parla del gioco e degli obiettivi azzurri al Mondiale: «Di solito se l’Italia non vince è un disastro, quindi... Quanto al gioco, ci sono delle priorità. Primo passare il turno, poi se arriva anche il bel gioco meglio, lo spettacolo sarebbe un fatto positivo». Un accenno alla partita di Amburgo: «L’Ucraina è allenata da un ct di grande esperienza e bisogna stare attenti a Sheva che può fare molto male».
Poi il tema Juve, che lo rende più nervoso: la nuova dirigenza bianconera, Cobolli Gigli in testa, lo considera ancora una bandiera. «Le sembra questo il momento di farmi questa domanda? Siamo alla vigilia di un quarto di finale ai Mondiali. So benissimo che vengo considerato una bandiera della Juve, tanti lo hanno detto, John Elkann e altri ma davvero non mi sembra il caso di parlarne ora». Il dolore per l’amico Pessotto lo porta scritto sul volto: «Speriamo si riprenda, facciamo il tifo per lui».

E a chi gli chiede cosa rappresenti quell’anello al dito che raffigura una testa di leone, lui si lamenta con qualcuno dell’ufficio stampa azzurro: «Ma che razza di domande sono?». E se ne va, perché il Del Piero attuale è davvero arrabbiato con il mondo intero.

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