Fazio davanti ai pm otto ore: «Nessun favore per Antonveneta»

Respinte tutte le accuse nella vicenda della scalata Bpi

Gianluigi Nuzzi

da Milano

Non bastano i ricordi di coindagati come Chicco Gnutti e il j’accuse di Gianpiero Fiorani. Non sono sufficienti le intercettazioni, dall’icona estiva del «Tonino ti darei un bacio in fronte» a quelle della moglie Cristina Rosati con il Giampy di Lodi. Nemmeno i ricordi di Silvano Spinelli e Cesare Geronzi, sentiti come testi un paio di settimane fa dai pm milanesi. Antonio Fazio, dimessosi da governatore alla vigilia di Natale, tiene la barra al centro. Sette ore di faccia a faccia con i tre pm di Milano, verbale secretato, nessuna ammissione. Con il difensore Franco Coppi di poche parole: «Siamo soddisfatti, è stato un interrogatorio molto leale e corretto da parte dell’accusa alla quale abbiamo dato le risposte che chiedeva».
Fazio insiste sull’equidistanza di Banca d’Italia, per quanto ne fosse al corrente e soprattutto sul rispetto a Bpi e Abn Amro. Insomma, «Banca d’Italia con piena consapevolezza e serietà, senza discriminazioni e favoritismi nei confronti di alcuno» esaminò il progetto di Fiorani di conquistare Antonveneta. Sostenendolo senza violare né leggi, né norme. Ai pm interessa il profilo dell’aggiotaggio, come indicato nell’unico capo d’imputazione e non tanto dell’abuso d’ufficio. Che a Fazio viene contestato dai pm della capitale. Ma gli argomenti difensivi sono analoghi: la sentenza del Tar del Lazio sul ricorso degli olandesi di Abn Amro (ricusato) e la ferma opposizione da parte dell’ex governatore del parere negativo dato all’Opa su Antonveneta da parte degli allora funzionari della Vigilanza, Clemente e Castaldi. Fazio ritorna quindi sul «tradimento» che avrebbe subito da Fiorani. Contrattacca ora smentendo chi lo accusa, ora dicendo di non conoscere certi dettagli, come i ratios patrimoniali di Bpi, ora ricordando come la Vigilanza fosse «assai favorevole» all’idea di acquisizione presentato da Bpi. E la posizione non muta quando il pm Fusco gli ricorda il verbale nel quale Gnutti racconta che «nel dicembre 2004 o nel gennaio del 2005 si recò in Bankitalia con Fiorani. Fu ricevuto da solo e comprese che il governatore era favorevole all’acquisizione di Antonveneta da parte di Bpi».
Nemmeno i ricordi di Geronzi che dovette azzerare i progetti di Capitalia visto che Fazio aveva scelto Fiorani. L’ex inquilino di palazzo Koch non ci sta. Respinge la tesi del grande tessitore, di colui che seguiva passo dopo passo l’evoluzione della scalata, suffragando il sogno di Lodi e raccordando le decisioni della struttura interna alle mosse dei manager di Fiorani. Ma la tesi non convince i magistrati. Anzi, come consolidano la loro ricostruzione proprio sui «no» dell’ex governatore. Leggendo le sue articolate smentite come sostegno di quanto finora provato. Così le negazioni verranno affrontate se e quando verrà chiesto il rinvio a giudizio. A questo punto, infatti, i pm coordinati da Francesco Greco ritengono pressoché terminate le indagini sul primo fronte e continueranno a lavorare sull’avviso di conclusione delle indagini preliminari per il filone Antonveneta. Un atto che chiude così il primo fronte di inchiesta, avviato proprio un anno fa. In dodici mesi (tempi da positivo primato) utilizzando la giovane e severissima legge sul market abuse arriva in porto la prima inchiesta penale sul risiko bancario. Il documento verrà notificato, tranne ripensamenti dell’ultima ora, subito dopo le elezioni politiche. Difficile dire già oggi se tra i 35-40 indagati pronti per il processo ci sarà anche l’ex governatore, oltre agli scalatori bresciani e lodigiani.

Di certo non passa inosservato il volto teso di Fazio durante un pausa dell’interrogatorio, le convinzioni formate dall’accusa e che filtrano in serata, sino ai rapporti finanziari tra Bpi e alcuni parlamentari accesi sostenitori dell’allora governatore e della sbandierata e ora per alcuni versi anche rimpianta italianità.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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