La FDA conferma l’efficacia della terapia anti-colesterolo

Sempre più studi clinici oggi lo confermano: le malattie cardiovascolari (responsabili nel mondo del 30 per cento di tutti i decessi, ogni anno di 1,9 milioni di morti in Europa e oltre 240 mila in Italia) colpiscono più di frequente le persone con specifiche abitudini di vita o caratteristiche fisiche. «Fattori di rischio» veri e propri. Alcuni dei quali non possono essere modificati, come l’età, il sesso e la familiarità. Altri invece sono modificabili attraverso cambiamenti dello stile di vita o con l’assunzione di farmaci. E’ il caso dell’obesità, dell’attitudine al fumo di sigaretta, del diabete, della sedentarietà, dell’ipertensione arteriosa, dei valori elevati di colesterolo nel sangue. In merito a quest’ultimo fattore, gli esperti fanno sapere che proprio nell’ipercolesterolemia l’impiego di farmaci è fondamentale e una improvvisa sospensione del trattamento potrebbe creare un «rimbalzo indesiderato del colesterolo verso l’alto».
A livello scientifico internazionale, l’attenzione su questo punto è forte. Non senza note di confusione. Come sottolinea l’autorevole rivista specializzata New England Journal of Medicine che di recente ha commentato la comunicazione dei dati finali emersi dallo studio Enhance e conseguente interruzione da parte dei pazienti di una terapia anti-colesterolo. In prima battuta i risultati dello studio avevano suscitato clamore perché non avevano mostrato una differenza significativa nella riduzione dello spessore dell’arteria carotidea (indicatore del rischio cardiovascolare) fra i pazienti in cura con ezetimibe - simvastatina (associazione di farmaci approvata per la riduzione dei livelli di colesterolo Ldl) oppure con la sola simvastatina.
Oggi però la Food and Drug Administration (Fda), ente regolatorio americano sui farmaci, ha completato la sua analisi sul report finale del trial clinico Enhance, confermando che dopo due anni di trattamento le differenze nei cambiamenti della placca carotidea fra i due gruppi non è significativa, ma evidenziando che i livelli di colesterolo cattivo sono diminuiti ben del 56 per cento nel campione in cura con l’associazione anticolesterolemica e del 39 per cento in quello trattato con simvastatina. Sono dati importanti che si commentano da soli.

«Una differenza elevata - sottolinea la Fda - convinta che il livello di colesterolo Ldl sia un fattore di rischio cardiovascolare e che i pazienti non debbano interrompere l’assunzione dell’associazione ezetimibe - simvastatina o di altri farmaci contro l’ipercolesterolemia. Sempre sull’associazione tra due farmaci anti-colesterolo «due in uno», la Fda attende entro il 2012 il completamento di Improve-it, uno studio che coinvolge oltre 18 mila pazienti.

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