da Milano
Immobile. Come non accadeva dallagosto dello scorso anno, quando il virus subprime si era già propagato in maniera strisciante. Qualche settimana più tardi, a crisi ormai conclamata, la Federal reserve avrebbe cominciato a imbracciare la scure, tagliando ripetutamente i tassi dal 5,25% fino al 2%. E fermi su quel livello i Fed Funds sono rimasti ieri al termine della riunione del Fomc (Federal open market committee), il braccio operativo di politica monetaria. Comera già accaduto in occasione dei due precedenti vertici dellistituto centrale Usa, il board dei governatori ha preso la decisione di mantenere lo status quo senza lunanimità: Richard Fisher (Fed di Dallas) ha votato a favore di una stretta.
Il giro di vite non cè stato, ma quanto accaduto ieri segna una linea di demarcazione tra lorientamento fortemente accomodante (ben sette tagli in meno di un anno) e sbilanciato finora mantenuto per sostenere la crescita economica, e una strategia più aggressiva, la cui tempistica è però ancora tutta da definire. È questo laspetto positivo colto subito ieri da Wall Street, pronta a incrementare i guadagni già messi a segno durante la seduta, prima di chiudere con il Dow Jones quasi invariato, e il Nasdaq in rialzo del 1,4%.
Lo sforzo di comunicazione compiuto nelle ultime settimane dal presidente della banca centrale, Ben Bernanke, sullormai inevitabile fine del ciclo di riduzione del costo del denaro, sembra essere dunque servito. Dal successore di Greenspan, del resto, i mercati non hanno sentito ieri ciò che non volevano sentire: ovvero, che il giro di vite è imminente. Lassenza di un timing preciso non sposta tuttavia il cuore del problema: pur senza esserne ossessionata come la Bce, anche la Fed ha ora spostato il focus sullinflazione, più che sullo stato di salute economico dellAmerica. «Le recenti informazioni - spiega listituto nel comunicato emesso al termine della riunione - indicano che nel suo complesso lattività economica continua a espandersi riflettendo in parte una certa stabilizzazione nella spesa delle famiglie». Il motore della locomotiva mondiale mostra però di essere ancora imballato negli ingranaggi che riguardano loccupazione («indebolimento ulteriore del mercato del lavoro») e i mercati finanziari, «sotto considerevole stress», mentre «le rigide condizioni del credito, la contrazione in corso nel comparto immobiliare e la crescita dei prezzi energetici peseranno verosimilmente sulla crescita economica nei successivi trimestri». Lanalisi, quindi, si sofferma proprio sullascesa dei prezzi. Anche se le previsioni sono di unattenuazione del fenomeno nella seconda metà dellanno e nel prossimo, la Fed non fa mancare una nota dallarme: «In ogni caso, alla luce dei continuati aumenti nei prezzi dellenergia e di alcune materie prime e del livello di alcuni indicatori relativi alle aspettative di inflazione, lincertezza circa il suo andamento resta alta».
Al tirare delle somme, la banca centrale Usa considera «in qualche modo diminuiti» i rischi di deterioramento economico e «in aumento» quelli legati alle spinte inflazionistiche. Un quadro che richiede «unattenta vigilanza», ma non ancora un intervento sul fronte dei tassi.
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