«Il federalismo ad aprile e dialogo sulle riforme È Berlusconi che lo vuole»

Roma«Verrebbe quasi da dire, meno male che c’è la crisi... ».
Un paradosso?
«Sì, ovvio, per carità. Ma può diventare lo stimolo giusto».
Per cosa?
«Per approvare finalmente le riforme, a partire dal federalismo fiscale».
Messa così va meglio...
«In ogni caso, non c’è più via d’uscita».
Ministro Calderoli, va davvero così male?
«Siamo pesanti, ci portiamo dietro una sorta di “civiltà del burro”... ».
Ne è proprio convinto?
«Non lo dico solo io».
E chi altri?
«Censis, Fmi... ».
Cosa mettono in luce?
«Il primo rileva la vulnerabilità del nostro sistema Paese, in cui a causa dell’assistenzialismo si è ampliata la forchetta tra Nord e Sud».
E il secondo istituto?
«Denuncia che, nonostante il nostro attrezzato settore manifatturiero e il sistema del credito che ci ha messi un po’ al riparo, pagheremo la crisi per le mancate riforme».
Intanto, in primavera la Lega incasserà l’ok al federalismo.
«È stato un nostro vecchio pallino, ma ora il discorso non vale solo per noi. Tutti si sono resi conto che si tratta dell’unica soluzione possibile, anche per far fronte a una spesa pubblica sempre più insostenibile».
Verrà approvato ad aprile?
«Sì, entro il 20 gennaio dovrebbe arrivare il sì del Senato, poi quello della Camera».
Usa il condizionale?
«Questa è la road map possibile, che verrà rispettata se rimarrà la volontà comune. Detto questo, sa, i misteri del mondo... ». (Calderoli sorride)
Ecco perché il Senatùr, per evitare scherzetti, ha chiesto al premier di abbassare i toni e favorire il dialogo?
«Bossi ha suonato, diciamo così, un campanellino d’allarme. Lui non parla mai a caso e ci becca praticamente sempre».
E non ha citato la secessione...
«Guardi, oggi (ieri, ndr) sono stato in Veneto, a Montecchio, per un convegno sul federalismo, e ho sentito forte l’alternativa della spinta secessionista. Perché la questione è semplice: quando la gente ha i piatti vuoti, s’incazza. E poi... ».
E poi?
«È venuto a trovarmi un sindaco “di peso” del centrosinistra».
Cosa voleva?
«Pur di far quadrare i conti, è pronto a fare fronte comune al Nord e rompere su questo punto il suo partito».
Qual è? Il Pd?
«Non lo dico».
Chi è?
«Idem».
Va bene, va bene, passiamo al capitolo giustizia. Berlusconi auspica il confronto con l’opposizione, ma non vuole sedersi in prima persona al tavolo...
«La sua reazione è stata sincera, istintiva, in risposta a chi per anni l’ha massacrato, insultato. Ma rimango un po’ perplesso».
Perché?
«Perché io ero presente quando, la sera prima dello sfogo, ha confermato la linea da seguire, per arrivare a un confronto con l’altra parte, attivandosi molto anche per convincere chi, tra i suoi, avanzava dubbi».
Insomma, il Cavaliere non bluffa sul dialogo...
«No. Anzi, l’ha sempre voluto. E sia lui che Bossi mi diedero l’ok prima che iniziassi a confrontarmi con i vari partiti. Mica si può pensare che mi sia mosso per conto mio... ».
Stavolta è il Guardasigilli Alfano ad avere il «mandato».
«Sta facendo un ottimo lavoro di ricognizione per avviare il confronto. In generale, credo che le riforme costituzionali non possano essere patrimonio di un solo schieramento».
Per evitarlo, basta seguire il «metodo Calderoli»?
«Direi di sì, bisogna ricercare la collaborazione di tutti, purché non si faccia solo finta di tentare. Io le ho provate tutte e adesso il testo sul federalismo è ottimo, grazie al 30-40% di emendamenti dell’opposizione che ho recepito. E i miei primi interlocutori furono proprio Comuni, Province e Regioni».
Seguendo lo schema, Alfano dovrebbe ascoltare in prima battuta avvocati e magistrati...
«Sì, proprio così».
E se si mettessero di traverso?
«Gli interessi corporativi esistono, ma credo che la politicizzazione riguardi solo una parte ristretta. In ogni caso, la maggioranza che governa ha l’obbligo di presentare la sua proposta, trovare un punto d’equilibrio, ma alla fine fare le sue scelte. Magari scontentando un po’ tutti, ma non può rinunciare a dare l’impronta del cambiamento, per razionalizzare le spese e abbattere i tempi dei processi».
Sempre a favore della separazione delle carriere?
«Assolutamente necessaria».
Passiamo al nodo Province. Si dice sempre che la Lega sia contraria alla loro abolizione.
«Bisogna affrontare il tema in maniera seria, con responsabilità, senza facili slogan. Anche perché, ci sono territori in cui la loro presenza serve, in cui hanno un significato. In altri casi, invece, sono enti inutili da sostituirsi a costo zero, magari, con associazioni di sindaci. E poi, fosse stato per noi, alcune sarebbero già state eliminate».
Cioè?
«Lo scorso giugno avevo preparato gli emendamenti al decreto legge 112, per sopprimere le Province nelle 8 aree metropolitane. L’idea era di mantenerle in prorogatio per 2-3 mesi, rispetto al loro mandato, evitando di andare nel 2009 alle urne. Ma in molti dissero di aspettare, forse perché avevano già in mente i loro candidati da presentare. Quindi, è la Lega ad aver coraggio e a parlar chiaro».
Infine, legge elettorale per le Europee.

Partita persa?
«La mia proposta di mediazione non fu condivisa e suggerii a Berlusconi di lasciar perdere: era inutile andare avanti. A questo punto, sembra si vada a votare con l’attuale legge».
Non le piace?
«Non va molto bene... ».

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