da Roma
Il Governo congela il «tesoretto» dei Comuni che adesso si preparano al muro contro muro. La questione si snoda intorno alla possibilità di accesso agli «avanzi di amministrazione» accantonati dagli oltre 1900 Comuni «virtuosi» e regolato dal decreto legge omnibus sulla finanza pubblica varato lo scorso 28 giugno dal Consiglio dei Ministri. A fronte degli oltre 5,9 miliardi di euro risparmiati dagli enti locali (4,2 dai Comuni e circa 1,5 dalle Province) infatti, il governo ha per loro previsto un utilizzo (a copertura degli investimenti) di circa il 5 per cento della somma. Cifra sostanzialmente dimezzata rispetto a quella proposta dallo stesso governo nelle scorse settimane e pari al 10 per cento del totale. Offerta che i Comuni si erano comunque affrettati a respingere al mittente giudicandola «inaccettabile» non trattandosi di una richiesta di nuovi stanziamenti ma di fondi presenti nelle casse. Lo ricorda Osvaldo Napoli (Forza Italia), vicepresidente dellAnci (Associazione nazionale dei Comuni dItalia): «Quei soldi sono già dei Comuni che per evitare le lungaggini burocratiche nel reperimento dei finanziamenti, operando in modo oculato riescono a creare accantonamenti immediatamente utilizzabili. Risorse - continua Napoli - che sono sì di pronto impiego ma per investimenti, cioè seguendo lindirizzo del governo e della Banca dItalia, per finanziare la realizzazione di opere pubbliche come strade, asili, solo per fare alcuni esempi. In questo modo, impedendo laccesso ai fondi, si paralizza ciò che è stato avviato e i progetti in rampa di lancio».
Unidea condivisa dal «partito» trasversale e multicolore dei sindaci che vedono messo in pericolo il corretto andamento delle proprie amministrazioni: «Il paradosso - continua il vicepresidente dellAnci - è che i Comuni che hanno meglio operato rischiano ora di vedersi maggiormente penalizzati». Il riferimento non è solo per gli avanzi di bilancio, ma anche per la minaccia di usare i fondi nonostante il «divieto» del governo. Questo comporterebbe uno sforamento del patto di stabilità per il 2007 con conseguente aumento sanzionatorio delladdizionale Irpef dello 0,3 per cento. «A conti fatti ci converrebbe - commenta il vicepresidente Anci - perché ci costerebbe 1,3 mld di euro che sono molto meno del tesoretto. Il problema però è che la somma, ancora una volta, sarebbe a carico dei contribuenti». Non una novità, secondo il deputato azzurro «visto che il presidente del Consiglio è uno che torna sempre sul luogo del delitto». Il riferimento è al primo governo Prodi: «Laddizionale Irpef, lo voglio ricordare, la inventò lui quando, per rientrare nei parametri di Maastricht, portò in questo modo la finanziaria da 38 a 68 mila miliardi di lire». Ma la contesa appare più ampia e dal piano finanziario sembra scendere su quello politico. A cominciare dai rapporti tra «centro» ed enti locali in cui, a giudizio dei sindaci, non cè concertazione e al parallelo delinearsi di un «centralismo regionale antistorico rispetto alle tendenze autonomistiche in atto in Europa» come sottolinea lon. Napoli che prosegue: «Quel ddl impoverisce le funzioni dei Comuni, li sottomette, sul piano gerarchico, allunica istituzione veramente rafforzata, vale a dire le Regioni».
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