Il federalismo incassa un doppio sì: prima dalle Regioni poi in Bicamerale

RomaIl federalismo supera indenne due scogli e incassa un risultato politico inaspettato, l’astensione del Partito democratico in commissione Bicamerale. Una scelta non scontata visto che l’altra parte dell’opposizione, il Terzo polo e Italia dei valori, è rimasta ferma sul no al decreto del governo. Situazione paradossale, con la sinistra disponibile al dialogo e i moderati del centrosinistra, schierati contro il federalismo. In prima fila il leader Fli Gianfranco Fini, secondo il quale in vista, non c’è una secessione, ma «un rischio per la coesione. Guardate il Belgio e la sua condizione di separatezza».
Il pezzo di riforma arrivato ieri a uno snodo importante è quello che riguarda le regioni. Il primo ostacolo superato in mattinata è il no dei governatori. Dopo una trattativa tra l’esecutivo e la Conferenza delle Regioni, è stato deciso che il trasporto pubblico locale potrà contare su 425 milioni di euro aggiuntivi, che rimarranno fuori dal conteggio delle spese del Patto di stabilità interno. Successivamente le spese per il trasporto saranno fiscalizzate, cioè gli sarà assicurata una quota dell’accisa sui carburanti. «Per le regioni l’accordo c’è ed è frutto di un lavoro lungo, complesso e faticoso», ha commentato Vasco Errani, presidente della Conferenza e governatore democratico dell’Emilia Romagna.
Spirito bipartisan che si è riprodotto poco dopo nella commissione Bicamerale che ha approvato il decreto legislativo con 15 voti favorevoli, quelli di Pdl e Lega, 5 contrari, Udc, Fli e Idv, e 10 astensioni, quelle del Partito democratico. Una scelta che il Pd ha definito ieri mattina, non senza resistenze. L’ex segretario Dario Franceschini spingeva per il no, Enrico Letta e Francesco Boccia, puntavano su una trattativa. Quale fosse la condizione per l’astensione, senza la quale il decreto rischiava un pareggio come è successo con il federalismo municipale, lo aveva chiarito prima del voto il segretario Pd, Pier Luigi Bersani: «Presenteremo degli emendamenti per chiarire che il federalismo non deve portare a tagli dei servizi e più tasse». Il riferimento è alla «clausola di salvaguardia» che salva le Regioni dai tagli disposti con la manovra 2010 per il 2013, contenuta in una proposta di modifica Pd che è stata approvata.
Tra le novità introdotte nel decreto, c’è uno slittamento, dal 2012 al 2013 della «manovrabilità» delle aliquote dell’addizionale Irpef. Tra due anni ciascuna Regione a statuto ordinario potrà «con propria legge, aumentare o diminuire l’aliquota dell’addizionale regionale all’Irpef di base», pari allo 0,9 per cento.

Paradossalmente, il nodo politico ancora non sciolto riguarda la spesa sanitaria della Campania. Il buco è stato creato dalla sinistra, ma lo ha ereditato il governatore Pdl Stefano Caldoro, che ieri ha annunciato: «Siamo penalizzati, non faremo sconti».

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