Il federalismo taglia gli spreconi «Ineleggibili i sindaci in rosso»

RomaVia, rimossi, i governatori troppo spendaccioni. Via, decurtati, pure una parte dei rimborsi alle liste che li hanno sostenuti. Paletti stretti e molta attenzione ai conti nell’ottavo decreto attuativo del federalismo fiscale che nel pomeriggio ottiene l’approvazione del Consiglio dei ministri. E oggi il testo verrà esaminato al ministero dell’Economia durante l’incontro tra Giulio Tremonti e i presidenti delle Regioni. Si prevede battaglia.
Il decreto mette dunque sotto la lente d’ingrandimento gli amministratori virtuosi e quelli inadempienti. Il governatore che manderà la propria Regione in rosso rischia l’estromissione e il partito che lo candida subirà il taglio del trenta per cento del risarcimento per le spese elettorali. C’è di più. Sindaci e presidenti di Provincia che provocheranno il dissesto finanziario del loro ente e che la Corte dei Conti riconoscerà «responsabili per dolo o colpa grave anche in primo grado», oltre all’ovvio processo dovranno scontare dieci anni di ineleggibilità a qualsiasi carica pubblica. E arriva pure «l’inventario di fine mandato», un registro sul quale dovranno essere indicate le misure per ridurre gli sprechi.
Il provvedimento prevede che, nel caso di «grave dissesto finanziario», tocchi direttamente a Palazzo Chigi «proporre automaticamente al presidente della Repubblica la rimozione». Per parlare di «grave dissesto finanziario» c’è bisogno di una serie di condizioni. Ad esempio, un presidente di Regione nominato commissario ad acta per il programma di rientro della spesa sanitaria che però «non abbia adempiuto all’obbligo di redazione del piano». Oppure, «che si registri il mancato raggiungimento degli obbiettivi» di contenimento della spesa. O ancora, che abbia aumentato «per due esercizi consecutivi» l’addizionale Irpef senza che sia riuscito a tagliare i costi.
Chi sbaglia paga. Decisa infatti anche la stretta sul patto di stabilità interno. Dal 2014, Regioni, Province e Comuni che non lo rispettano, dovranno girare nelle casse dello Stato la somma corrispondente allo scostamento. E dovranno farlo in fretta, entro due mesi dal limite previsto per la certificazione del bilancio. Chi non versa il dovuto, si vedrà defalcare l’importo dai conti correnti aperti presso la Tesoreria. E per chi non presenta la certificazione entro i termini, scatterà il blocco dei trasferimenti. Per gli enti che scialacquanao viene inoltre previsto lo stop del turn over e dell’indebitamento per gli investimenti. E ancora: in caso di inadempienze, presidenti e componenti delle giunte si vedranno ridurre del trenta per cento il loro gettone di presenza. Chi sbaglia paga, e molto.
Questo infatti, secondo Palazzo Chigi, è lo spirito del decreto sul federalismo. «È stato attuato - si legge nel comunicato del Cdm - il criterio base della legge stessa, la richiesta di responsabilizzazione di trasparenza delle autonomie territoriali, con meccanismi premiali e sanzionatori. L’inventario di fine mandato è uno strumento capace di attivare il controllo democratico, informando i cittadini sullo stato di salute degli enti». Ma Vasco Errani, presidente della conferenza dei presidenti di Regione, parla di «atto unilaterale del governo, di sapore gerarchico, contrario al federalismo e alla Costituzione e divide invece che unire il Paese». Critico pure il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, presidente dell’Anci: «Si tratta di un nuovo intervento centralista del governo. Per i Comuni già esistono norme che individuano costi standard e a breve saremo chiamati a rispondere del loto mancato rispetto».

E per Francesco Boccia, coordinatore della commissioni economiche del Pd alla Camera, «il Consiglio dei ministri ha fatto un pasticcio elettorale».
Andrea Gibelli, leghista, vicepresidente lombardo, risponde così: «Abbiamo 28 milioni di saldo attivo e ci siamo stufati di fare il bancomat del Paese».

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