Ferisce il ladro d’auto, pena-batosta al vigile

Enrico Lagattolla

da Milano

Oltre ogni aspettativa, dell’accusa e della difesa. Settima sezione penale del Tribunale di Milano. In aula, un agente della polizia municipale e un ladro d’auto, per una storia che ha inizio due anni prima, in un parcheggio alla periferia della metropoli. Quando il vigile, con un colpo di calibro 9, ferisce il ladro che - per tentare la fuga - lo aveva investito. Due anni dopo, la sentenza. Con il pubblico ministero che chiede una condanna a tre mesi di reclusione (il minimo per il reato di lesioni personali aggravate), e il giudice che lo «scavalca» comminando la pena massima: 2 anni di reclusione (pena sospesa) e 5mila euro di provvisionale per lesioni personali pluriaggravate. A chiudere, la condanna del ladro: un anno, e 200 euro di multa.
Indietro, alle 8 del mattino del 30 aprile del 2004. Abdel Mohamed, marocchino di 32 anni, si aggira nel parcheggio della stazione della metropolitana di Cascina Gobba. Tra le auto, però, anche un agente in borghese. Il suo incarico è esattamente quello di prevenire i furti d’auto. Abdel apre la portiera di una Fiat 600, collega i cavi sotto il cruscotto, e prende la via dell’uscita. Il vigile, invece, gli si para di fronte. Intima l’alt, inutilmente. L’auto non si ferma, lo investe (il referto medico parla di ferite giudicate guaribili in una ventina di giorni) e fa per proseguire la sua corsa. A quel punto il pubblico ufficiale estrae l’arma d’ordinanza ed esplode due colpi, uno dei quali ferisce il marocchino al braccio. La vicenda sembra conclusa in quel parcheggio. Non è così.
La Procura di Milano, infatti, apre un fascicolo a carico del vigile. L’ipotesi di reato, inizialmente, è di tentato omicidio. Ma è lo stesso pubblico ministero Isidoro Palma, in dibattimento, a fare un passo indietro. L’accusa viene derubricata in lesioni personali aggravate e, al termine della sua requisitoria, il magistrato chiede la pena minima: tre mesi di reclusione. «Quello che mi interessava - spiega il pm - è che fosse riconosciuto il principio che un pubblico ufficiale non può sparare come se fosse nel Far West». Ma il tribunale va oltre. Due anni, 5mila euro di provvisionale, oltre al pagamento delle spese processuali, calcolate in 3mila euro. La pena è sospesa, e il reato è coperto da indulto. L’imputato, però, si dice «distrutto». Meglio è andata ad Abdel. Lui, che (a bordo di un’auto rubata) sosteneva di non aver arrestato la sua corsa nel timore che il vigile fosse un rapinatore, se l’è cavata con la condanna a un anno e una multa da poco. «Voglio sapere - commenta il legale dell’agente di polizia, l’avvocato Piero Porciani, che aveva chiesto l’assoluzione e annunciato il ricorso in appello - con quale stato d’animo le forze dell’ordine ora interverranno per fermare un ladro, sapendo a quale rischio vanno incontro». E, nella sua arringa, ritorna sulla mattinata del 30 aprile. «Se il mio assistito non avesse sparato, probabilmente ci sarebbe stato un bel funerale, il sindaco avrebbe dato un buffetto e una pacca sulla spalla alla vedova e ai bambini».


L’umore delle forze dell’ordine, forse, è nelle parole di un collega dell’imputato. Seduto in fondo all’aula, ascolta esterrefatto la lettura della sentenza. Quando il giudice finisce, riesce a dire solo questo: «La prossima volta che vedo uno rubare un’auto, mi giro dall’altra parte».

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