Fermano una ladra, ronde padane nei guai

Le "pattuglie" di Treviso avevano sorpreso una nomade mentre rubava. Il magistrato: "I volontari non devono fare i poliziotti". Gli amministratori divisi: la Lega favorevole ai gruppi di sicurezza, il centrosinistra contrario. Il codice penale non consente di bloccare i malviventi

Fermano una ladra, ronde padane nei guai

Treviso - Ormai le divise dei volontari hanno occupato tutto il Nord Est e da sabato presidieranno anche le strade di Trieste. Ma intanto i magistrati fanno suonare l’allarme anti ronda. «È un problema di opportunità, non di codice penale», spiega al Giornale il Procuratore di Treviso Antonio Fojadelli. E il suo collega Antonio Papalia rilancia da Verona sul filo dell’ironia: «È bene che i cittadini si limitino a fare delle passeggiate».
Una spruzzata di prudenza, dopo un episodio che ha fatto discutere. Sabato le «pattuglie» di Veneto sicuro controllano il mercato di Treviso. Notano una zingara che si aggira fra le bancarelle, la tengono d’occhio, lei porta via una coperta. Si precipitano, la bloccano, la invitano senza tanti complimenti a restituire quel che è stato portato via. Lei reagisce: «Razzisti». «Sì - replicano loro - ma tu sei una ladra».
Risultato: la coperta torna al proprietario, ma sul tavolo di Fojadelli atterra un dossier relativo al battibecco. E al magistrato tocca risolvere un problemino di quelli scivolosissimi: la squadra ha esagerato? Insomma, è andata al di là dei lodevoli compiti di osservazione assegnati ai cittadini armati soltanto di buona volontà? Domande che ne trascinano un’altra: quali sono i limiti delle ronde? Un quesito tutto tecnico, ma rivestito con i contenuti della politica.
In effetti il tema divide gli amministratori: le pattuglie di Veneto sicuro sono nate con la benedizione della Lega, l’appoggio del centrodestra, l’ostilità di buona parte della sinistra. A Padova i ragazzi del Centro sociale Pedro sono passati all’attacco al grido di: «Siamo l’onda che spazza la ronda».
Ora il litigio trevigiano rischia di accendere gli animi: «Ma noi - afferma Fojadelli - dobbiamo spegnere i fuochi e francamente io mi sento di ridimensionare l’episodio del mercato. Un battibecco o poco più». Anche se ora Fojadelli dovrà valutare se i ragazzi volonterosi si siano sostituiti alla polizia giudiziaria. E lo stesso Fojadelli fissa paletti rigidi all’azione delle ronde: «È una questione di opportunità, occorre stare attenti, i cittadini non possono e non devono interpretare la parte degli agenti».
Papalia sorride: «I ragazzi si limitino a fare delle belle passeggiate». Poi va sul concreto: «Per carità, il codice dà al privato la facoltà di procedere all’arresto in flagranza, ma attenzione, si entra in un campo minato». Un terreno in cui è facile ottenere un risultato paradossale: intervenire con le migliori intenzioni e ritrovarsi dalla parte del torto. Con l’accusa di violenza privata o, peggio, di sequestro di persona appiccicata addosso. E con il dito puntato da parte di quei politici che temono la militarizzazione della convivenza civile e un inizio di un far west nelle noste città cariche di storia.
Papalia prova a fare da guida fra i commi del codice: «Il privato può arrestare chi commette un furto con la violenza, ovvero chi forza la serratura di un’auto o della porta di casa, ma deve consegnare immediatamente il ladro alle forze dell’ordine. E poi ci sono le eccezioni e i limiti: ad esempio non si può bloccare una persona che abbia cagionato alla vittima del reato un danno patrimoniale di speciale tenuità». Tradotto: la coperta, se non è un tessuto di particolare pregio, non vale il gioco.
Enrico Chinellato, uno dei protagonisti del blitz, si difende: «Noi non abbiamo fermato nessuno».

Il leghista Luca Zaia, vicepresidente della Regione Veneto, esprime invece tutto il disagio del Nordest con un ragionamento semplicissimo: «Anche noi paghiano le tasse perché ci siano i poliziotti e non vogliamo emularli, ma se correre dietro a un ladro che ha la refurtiva in mano è reato, allora dico: cambiamo la legge».

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