Come fermare Gheddafi? I Grandi ancora divisi

Mentre a New York il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite teneva una seduta a porte chiuse per discutere dell’eventuale imposizione di una zona di non volo sul territorio libico, si apriva ieri sera a Parigi una cruciale riunione dei ministri degli Esteri del G8 dedicata alla crisi in Libia. Le posizioni dei Grandi sono distanti da un accordo e l’unico che sembra in grado di avvantaggiarsene è proprio Gheddafi, le cui truppe intanto avanzano verso Bengasi e liquidano le ultime sacche di resistenza in Tripolitania (ieri è caduta Zuara e resiste ormai solo Misurata). La Francia e la Gran Bretagna sono, almeno a parole, le più determinate a sostenere la causa degli insorti: Parigi insiste per una rapida approvazione della no-fly-zone, Londra non esclude la vendita di armi ai rivoltosi ormai nel mirino dell’esercito di Tripoli. Il premier britannico Cameron, peraltro, ha messo in chiaro che la Gran Bretagna non intende essere coinvolta in un altro conflitto dopo quelli iracheno e afgano. Uguale posizione esprime la Germania. Per quanto riguarda l’Italia, come ha ribadito il ministro degli Esteri Franco Frattini, non si muoverà se non di concerto con le decisioni della comunità internazionale. Da Canada e Russia è invece arrivata in giornata la richiesta di un supplemento di informazione sulla sanzione e che il Consiglio europeo straordinario dell’11 marzo ha messo ancora in stand by.

Ieri intanto, sotto la guida dell’italiano Agostino Miozzo (responsabile del centro europeo per la gestione delle crisi), si è svolta una missione-lampo a Bengasi del servizio diplomatico dell’Unione Europea. Bruxelles riconosce il Consiglio di transizione libico come suo interlocutore in vece di Gheddafi.

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