Controcultura

Feroce e innocente Sordi, un italiano vero

Anile ricostruisce grandi incontri e sorprendenti progetti perduti dell'attore simbolo del nostro cinema

Feroce e innocente Sordi, un italiano vero

«A Federi'! Stai a fa' un casino! Si lo sapemo, un film su Roma, ma sta' attento che stavolta te faccio leva' il permesso di soggiorno, eh!». Il 15 giugno saranno 100 anni dalla nascita di Alberto Sordi, come il 20 gennaio scorso è stato per Federico Fellini. Due geni che, per fortuna, non potevano non incontrarsi, ecco Lo sceicco bianco e I vitelloni. Ma anche il cameo di Sordi in Roma di Fellini del 1971 in cui l'attore si rivolge al suo regista scherzosamente, con le parole che abbiamo utilizzato all'inizio, dopo aver urlato - «levate cieco, famme vede'!» - proprio a un cieco e alla sua accompagnatrice che gli aveva chiesto: «Signor Sordi, lei che è tanto bono, faccia a carità a sto povero giovanotto cieco». Eccolo Alberto Sordi in purezza. Salvo che poi Fellini, forse su richiesta dello stesso attore, tagliuzzò quella comparsata facendo scomparire tutte le battute forse già troppo politicamente scorrette e poi recuperate negli extra del dvd.

Ma chi è veramente Sordi con i suoi 187 film in 60 anni di carriera?

In questo centenario della nascita se lo stanno giustamente chiedendo in tanti. Tre sono i film a lui dedicati. Il primo ad andare in onda, il 24 marzo su Rai1, sarà Permette? Alberto Sordi di Luca Manfredi con Edoardo Pesce nel ruolo del giovane Alberto, mentre il 12 aprile su Sky Arte (e a giugno su La7) arriva Siamo tutti Alberto Sordi? di Fabrizio Corallo che intervista attori, critici, amici e collaboratori. Al museo Maxxi di Roma è stato invece recentemente proiettato Alberto Sordi, un italiano come noi di Silvio Governi scritto con il padre Giancarlo che fu l'autore del mitico programma Rai Storia di un italiano in cui Sordi stesso (ri)costruiva la storia d'Italia attraverso i suoi film.

Ma è soprattutto un volume a fare il punto definitivo sugli studi sull'attore e regista morto il 24 febbraio del 2003, ufficialmente per bronchite, in realtà per un tumore ai polmoni di cui non voleva parlare. Si tratta di Alberto Sordi di Alberto Anile appena edito dal Centro Sperimentale di Cinematografia e da Edizioni Sabinae (pagg. 304, euro 30) con la prefazione di Carlo Verdone che racconta di un Sordi, conosciuto bene sul set di In viaggio con papà, «anche un po' fragile con un piccolo complesso di inferiorità rispetto ad altri registi». Anile è uno studioso di una precisione quasi maniacale tanto che nell'esplorazione del Fondo Alberto Sordi, con l'aiuto di Marina Cipriani che firma un corposo elenco commentato dei progetti non realizzati dall'attore, ha scoperto vere e proprie chicche come l'unica immagine che vede insieme Stan Laurel, Oliver Hardy e il suo più celebre doppiatore italiano, Sordi appunto. Che incontrò Stanlio e Ollio a Roma a Villa Aldobrandini il 25 giugno del 1950: «Il primo a stupirsi e congratularsi per le risorse comiche della mia dizione italiana, fu lo stesso Hardy». Durante il pranzo Sordi scopre che anche altri attori comici, oltre a lui, sanno essere tristi e mesti nel privato: «Laurel, che era seduto vicino a me, si lasciò andare in uno sfogo amarissimo, straziante. Siamo stati programmati, raggirati, sfruttati e ora la Mgm ci manda in pensione». Anche per questo Sordi si lancia in una proposta: «Gettammo le basi di un progetto molto interessante io sarei andato in America a ripercorrere, per la televisione, la folgorante carriera di Stanlio e Ollio. Ma, come tanti progetti non venne mai realizzato».

Come, ad esempio, quello straordinario di America scritto di suo pugno nel 1964 in cui il mitico personaggio di Nando Moriconi sarebbe dovuto morire affogato nella baia di New York, parabola conclusiva dopo la nascita nella marrana capitolina in Un americano a Roma. L'inizio del soggetto è sorprendente perché vede Nando divertirsi a prendere a schiaffi i viaggiatori in partenza fuori dai finestrini alla stazione Termini di Roma, dieci anni prima di Amici miei di Monicelli.

Mentre agli inizi degli anni '90 il progetto più misterioso e chiacchierato è quello di un film sull'organizzazione segreta Gladio. Ettore Scola e Furio Scarpelli scrissero il trattamento, dal titolo Omissis che diventerà poi un secco Gladio, in cui - dice Scola - «c'è un signore anziano che è stato gladiatore in gioventù e che trent'anni dopo, quando il caso esplode, riflette su se stesso e il proprio passato». E chi meglio di Sordi poteva interpretarlo? Alla fine però il film non si farà forse anche per una polemica scaturita in quei mesi da alcune frasi di Sordi al Corriere della Sera che rispondeva alla domanda «Nostalgia del dopoguerra?»: «Vado anche più indietro, ai tempi del fascismo, che erano davvero bei tempi e a pensarlo sono tanti, anche se io lo dico». Apriti cielo! Tutti gli danno addosso (tranne Gianfranco Fini, vi ricordate questo nome?). Per fortuna c'è Ettore Scola a stemperare gli animi: «Conosco bene Alberto, non credo assolutamente che rimpianga i tempi in cui i bambini erano costretti a vestirsi da balilla. Rimpiange solo i suoi dieci anni». «Rossi e neri sono tutti uguali? Ma che siamo in un film d'Alberto Sordi?» avrebbe urlato Nanni Moretti se non la avesse già fatto in Ecce bombo del 1978 (curiosamente proprio un anno dopo aver dato degli «stronzi» ai componenti della giuria - tra cui lo stesso Sordi - del premio Rizzoli che non gli diedero il riconoscimento come esordiente per Io sono un autarchico).

E chissà se Sordi avrà ripensato a come Fellini lo aveva descritto in un'intervista a Enzo Biagi: «Sordi è un neonato feroce, con la sfiducia totale negli altri». Gli stessi che continuavano a fare battute sulla sua avarizia anche quando donava all'Opus Dei terreni da milioni di euro a Roma per costruire un campus biomedico. «Neonato feroce» - annota l'autore del volume - «è una delle definizioni più felici che si possano immaginare di Sordi della sua cattiveria istintiva, del suo intimo egoismo, e insieme della sua intoccabile innocenza».

Un italiano vero.

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