Ferrante: «Mi dimetto e mi candido per l’Unione»

Albertini ci scherza sopra: «Al mio posto vedrei bene insieme Celentano e Fo, sarebbe proprio il massimo»

Giannino della Frattina

La mattina prefetto, il pomeriggio candidato del centrosinistra. La metamorfosi di Bruno Ferrante richiede lo spazio di una pausa pranzo. A mezzogiorno sull’attenti in piazza della Scala sul palco delle autorità ad ascoltare le bande di Carabinieri e Marina che festeggiano la vittoria del 4 novembre. Al suo fianco, la fascia tricolore ancora addosso, il sindaco Gabriele Albertini. Nel pomeriggio la conferenza stampa convocata al Circolo della Stampa con il doppio annuncio. «Ho già presentato la mia lettera di dimissioni al ministero degli Interni e sono pronto a impegnarmi per chi ha chiesto la mia disponibilità a lavorare per questa città».
In sala, oltre a giornalisti e fotografi, dei politici solo l’onorevole margherito Roberto Zaccaria, eletto nel collegio ex Bossi, e Riccardo Sarfatti, il concorrente di Roberto Formigoni all’ultima corsa per il Pirellone. «È un momento delicato - le parole di Ferrante con la voce che all’inizio s’incrina - che comporta un mutamento della mia vita dopo anni passati al servizio della Stato. Improntati alla lealtà nei confronti delle istituzioni e dei cittadini. Anni di impegno nella cura dell’interesse pubblico e del bene comune. Un distacco non lieve, ma necessario in questo momento per fare chiarezza». Poi l’appello da politico già consumato. «Amo Milano, amo i cittadini milanesi e proprio per questo desidero continuare a impegnarmi per il bene della città. Perché Milano merita di essere curata e tutelata». E mentre i flash scattano a raffica, parla di «parti politiche» e «società civile» alle spalle della sua discesa in campo. «Milano - comincia già il suo primo comizio - ha bisogno di un modo nuovo di governare. Di un governo più fresco che sappia esprimere capacità di dialogo, confronto, partecipazione». Dialogo, confronto, partecipazione. Le frecce più acuminate nella faretra dell’ormai ex prefetto capace di ipnotizzare tranvieri, tassisti, rom e perfino gli infuriati professori d’orchestra della Scala impegnati nel parricidio del maestro Riccardo Muti. Tutti interventi che, in più di un’occasione, non andarono proprio giù ad Albertini impegnato in virili braccio di ferro. «Ferrante candidato del centrosinistra? I miei candidati preferiti - svicola Albertini - sono Dario Fo e Adriano Celentano. Ma tutti e due sindaci di Milano insieme. Sarebbe il massimo».
Ferrante non vuol già parlare da primo cittadino. Ma qualcosa deve dire. «È necessario ricercare una maggiore coesione sociale, importante per una città e per il suo sviluppo. La sicurezza è un tema fondamentale. Ma dev’essere legata a interventi e investimenti nel sociale. Poi si può cominciare a pensare a irrobustire la presenza di polizia e carabinieri. Come prefetto sono stato uomo di dialogo. Ora lo sarò ancora di più».
Nessuna obiezione, invece, sulla necessità di sottoporsi alle primarie già convocate dal centrosinistra milanese per il 29 gennaio. «Le primarie - assicura - sono un importantissimo strumento di democrazia». Ed è pronta la prima stilettata a Letizia Moratti, sempre più probabile candidato del centrodestra.

«A fronte di candidature calate dall’alto, penso sia molto più bello affrontare insieme ai cittadini le candidature. Quando si esprimono i cittadini, abbiamo tutto da guadagnare, ma soprattutto ne guadagna la democrazia. I sondaggi? Non li ho proprio visti».

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