Da Ferrara a Santoro, quando il «cazziatone» diventa un cult tv

Dopo è facile sghignazzare, divertirsi, accusare. Si guarda la lite in studio, si focalizzano le due, massimo tre, battute-slogan e poi si generalizza del tipo “Signora mia non c’è più la tv educata di una volta”. L’altro giorno a Tv Talk su Raitre Giuliano Ferrara ha criticato l’accostamento, fosse anche solo vagamente alluso, tra le vicende giudiziarie di Berlusconi e Straüss Khan, in effetti diametralmente opposte. Ha rimbrottato il conduttore Massimo Bernardini, giornalista di lungo corso solitamente alieno alla polemica facile, e ha alzato la voce per alcuni minuti peraltro senza che nessuno in studio confermasse che, sì, è fuorviante anche la semplice sovrapposizione delle due vicende (o del loro trattamento giornalistico). Dopo lo scontro, sono piovuti i commenti, sul web o sulla carta e purtroppo potete immaginarveli: evviva il qualunquismo. In realtà nell’ultimo anno e mezzo l’asticella dei talk show si è mostruosamente abbassata. Il talk è sempre più shout. E lo show è sempre più shit, o meglio, circense. Guardacaso (è solo una coincidenza che ora si parli del direttore del Giornale...) un momento cardine è stata la puntata di Ballarò del 4 maggio 2010 durante la quale Massimo D’Alema mandò a «farsi fottere» Sallusti senza che Floris spendesse una sola piccola, minuscola parolina per frenare il politico che aggrediva gratuitamente il giornalista. Ha fatto persino meglio, sempre in quei giorni, Santoro che addirittura bacchettò un Travaglio troppo offensivo con Bocchino. Per la cronaca, tutti si accorsero che Travaglio se la prese assai, non essendoci abituato.
Dopo, il diluvio.
E lasciate perdere la telefonata di un Mauro Mausi disarmato davanti a Santoro, questa volta feroce e vorace: se lo pappò in quattro battute nel corso di una telefonata che finì con il celebre e indifeso «Buonanotte», primo caso mondiale di direttore generale di un’azienda tv maltrattato in prima serata da un suo dipendente, o presunto tale. Bei tempi quando Sgarbi aggrediva D’Agostino (chez Ferrara a L’istruttoria) e tutti si stupivano. Roba del secolo scorso. Ora figurarsi. A marzo, diciamo sei mesi fa, a Porta a Porta Gianfranco Fini ha maltrattato un Vespa «con la coda di paglia» colpevole (addirittura!) di invitare in studio il Presidente del Consiglio in carica. Insomma, si è spostato l’asse.

Prima (Mussolini contro Belillo, Bondi contro Di Pietro, Sgarbi contro tutti e via dicendo) erano gli ospiti a battibeccare. Adesso la vittima è il conduttore e, pazienza, forse anche l’insulto è compreso nel contratto. Solo che se si insulta Vespa nessuno fiata. Se si polemizza con altri allora casca il mondo. Fateci caso.

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