Ferrari, c’è un guaio in più Schumacher va piano

Benny Casadei Lucchi

In posa ricorderà anche il David di Donatello, ma in pista non ricorda più Michael Schumacher. Il quesito dunque non è se la Rossa sia competitiva (la macchina è nata bene), bensì se Schumi sia ancora Schumi. Perché i dubbi principali riguardano l’enorme tedesco, non la 248F1 dal potenziale ancora inespresso. Se per Felipe Massa il botto di sabato in qualifica resta un chiaro errore, se quello di domenica, quando è finito a sandwich tra Klien, Rosberg e Coulthard, sembra più che altro una manovra azzardata contornata da grande sfiga, non così si può dire per Michael Schumacher. Perché Felipe ha dato prova di essere veloce, grintoso, ambizioso, pur infarcendo il cammino di qualche sbavatura e Michele ha dato l’impressione di essere fuori fase. In Bahrein non ha mai provato ad attaccare Alonso, in Malesia ha recuperato posizioni lentamente e in Australia la prima volta che ha tentato un sorpasso vero è andato a sbattere.
Per cui, ora, i dubbi aleggiano sacrosanti sul kaiser Schumi e diventano più grandi proprio pensando all’incessante campagna di stampa che vede il sette volte campione del mondo impegnato in diverse pubblicità: da quella dell’acqua minerale germanica che lo ritrae come il David tutto muscoli scolpiti, a quella annunciata che lo vedrà svestito e in mutande, mutande griffate, s’intende. La maggior parte dei grandi dello sport, quando all’orizzonte iniziano a comparire i titoli di coda di fine carriera, cercano di monetizzare al massimo il crepuscolo. Non dovrebbe essere il caso di Schumi che, in sedici anni di corse sempre al top, ha messo nel salvadanaio oltre 600 milioni di euro di solo ingaggio. Però, il dubbio è lecito.
A questa riflessione va aggiunta quella contrattuale. Rinnovo o non rinnovo dell’accordo in scadenza? Perché Valentino, anche se indeciso, resta alle porte di Maranello. E anche Kimi Raikkonen è forse un cicinino più dentro: qualcuno sostiene che ormai manchino solo i dettagli. Chi non è alle porte di Maranello bensì dentro, è invece Felipe Massa che, nonostante alcuni errori, sta convincendo. Basti pensare che in Bahrein, al debutto con la Ferrari, è partito dalla prima fila, poi ha sbagliato, poi è tornato al box dove hanno pasticciato i meccanici, poi dal fondo è risalito fino a sfiorare la zona punti; in Malesia ha cambiato due motori e dall’ultima posizione è risalito fino alla quinta. In fondo, il tanto celebrato Raikkonen, da ultimo a terzo in Bahrein, aveva conquistato due posti in più. Facendo di conto, Massa fino ad oggi, ha dovuto compiere 27 sorpassi per riemergere dalle paludi del fondo schieramento. Schumi, invece, ha perso una posizione in Bahrein (dalla pole al secondo posto) e ne ha guadagnate otto in Malesia, dove negli ultimi giri non è però riuscito a passare Massa.
Questo sorpasso mancato merita l’ultimo approfondimento. In quei giri finali, in molti, praticamente tutti, nel paddock malese, erano certi che dal box ferrarista avrebbero trovato il modo di invertire le posizioni tra Schumi sesto e Massa quinto. Invece nulla.

I maligni hanno subito detto che la presenza, accanto a Massa, di un manager influente a Maranello come il figlio di Todt, Nicolas, avesse avuto il suo effetto. Mica vero. Molto più probabile che in quel modo, il team abbia invece mandato un messaggio a kaiser Michael: caro Michele, qui di indispensabili non ce ne sono più. Vuoi rinnovare o no questo contratto?

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