Ferrari e la Valeri, che coppia d’assi

I due attori splendidi in «Vuoti a rendere» di Maurizio Costanzo, storia di due anziani buttati fuori di casa dal figlio con i loro ricordi

da Roma

Anche il teatro assomiglia ai tempi che lo producono. Se ne deduce che questi tempi superficiali e volgari producano spesso un teatro in conformità. Fortuna che ci sono le eccezioni, a confermare la regola; e che perfino oggi ci si può imbattere in un modo di fare teatro fuori dal tempo. Ritroveranno il saper recitare bene, il gusto innato dello stare in scena, la classe che non è acqua, il divertirsi senza doversene vergognare - insomma - coloro che si recheranno in questi giorni al teatro Parioli di Roma, per applaudire Valeria Valeri e Paolo Ferrari. Protagonisti esemplari d’uno spettacolo che è veramente d’altri tempi. Non nel senso di anagraficamente datato; ma in quello di classico inimitabile, fuori dalle ovvietà e dalle mode.
Guardateli in scena. Secondo il testo di Maurizio Costanzo, Vuoti a rendere, sono una coppia avanti con l’età, costretta da un figlio egoista ad abbandonare la casa dove per vent’anni hanno diviso tutto, dalle gioie (pochine) ai fallimenti (parecchi), e costretti ora a mettere in valigia, oltre agli oggetti di una vita, il bilancio di un’esistenza in due. Lei, concreta eppure romantica, con qualche inatteso rimpianto, vorrebbe assecondare il figlio prepotente; lui, classico can che abbaia senza mordere, gli si oppone soprattutto in nome d’una personale battaglia per la propria dignità. Il dialogo spiritoso ma striato d’amarezza fornisce a questi due impagabili cesellatori dell’umorismo e dell’emozione materiale ideale per una partita a due dai rimpalli irresistibili; per un ininterrotto duetto di godimento sopraffino.
Valeria Valeri ha raggiunto il traguardo ideale nella carriera di qualsiasi attore: quello che non vede più differenza fra il vivere e il recitare. La Valeri, ormai, non recita più. Vive in scena. Guardatela tratteggiare la sua mogliettina modulando la voce tra sospirosi rimbrotti e flautate nostalgie. Una delizia. Paolo Ferrari ha un gusto più accentuato per la recitazione rotonda e ben portata, della quale non sai se preferire il garbo sornione o gli inimitabili scatti. Il suo marito è la simpatia involontaria fatta recitazione. Insieme i due fanno faville. E reggono da soli uno spettacolo in cui, dall’inizio alla fine, domina la piacevolezza assoluta.

Cui contribuisce la regia tagliata a misura di Giancarlo Zanetti, dentro la funzionale scenografia di Sebastiano Romano. Alla fine gli applausi sono un’autentica festa. Quella di un pubblico divertito ed entusiasta, certo. Ma soprattutto grato.

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