Perché Felipe Massa dovrebbe essere l’uomo di punta della Ferrari? Ma che diamine, perché è un brasiliano simpatico, disponibile, perché è un sudamericano pugliese di Cerignola, perché parla italiano e scherza e sorride.
Questa la risposta dettata dal sentimento, questa la descrizione che da sempre, in Ferrari, ha tratteggiato i lineamenti del pilota che poi, giusto qualche gara, si sarebbe messo buono buono a far da spalla. Sul Cavallino, narrano gli almanacchi e contano i pallottolieri, sul Cavallino volano i freddi e gli uomini computer, affondano o, più mestamente, vivacchiano i latini con un però...
Un però vistoso quello che accompagna l’avventura iniziata in punta di piedi da Felipe. Erede di Barrichello prima ancora che di Schumi da cui ha poi imparato tanto. E il però sta tutto lì: se Rubens - l’altro e già dimenticato brasiliano che l’aveva preceduto a Maranello - arrivò alla corte di Montezemolo convinto di poter spaccare il mondo e gli zebedei a kaiser Schumi, Felipe ha scelto tutt’altro approccio. In questo ben consigliato dal suo manager e dal maestro del suo manager: la famiglia Todt, nelle persone del figlio Nicolas e del papà Jean. Zitto, impara, apprendi, chiedi, ripeti, prova e riprova e poi ancora zitto, impara e avanti così.
Risultato: con Schumi non ha stonato, con Raikkonen, fin qui, ha brillato: miglior tempo assoluto dei test in Bahrain, quelli con tutti i big in pista, quelli della vigilia mondiale dove si smette di mentire e si comincia ad ascoltare il rombo degli altri. Sempre davanti al compagno venuto dal freddo e pagato milioni e milioni (si vocifera 24 per Kimi, 6 e rotti per Felipe, ndr) e conseguente pioggia di consensi: da quelli di Ecclestone «meglio Felipe di Raikkonen» a quelli di Briatore «con la macchina giusta vincerà il mondiale».
Il secondo risultato è questo: «Alla Ferrari ci sono due piloti competitivi - dice Massa senza nascondersi -, entrambi in lotta per il titolo. Come sono i miei rapporti con Raikkonen? Buoni, anche se non è un tipo che parla molto». Per la verità, precisa chi ha seguito in modo certosino il lavoro dei due ragazzi ai box, Felipe e Kimi proprio non si parlano. Rivalità a mille? Macché, ribatte l’amministratore delegato della Rossa, Jean Todt, «rivalità no, un bello stimolo sì. In famiglia non c'è rivalità. Siamo tutti impegnati per la Ferrari, l'abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo».
Resta il fatto che molto difficilmente vedremo Felipe abbracciare e saltare in groppa a Raikkonen come faceva con Schumi. «Ho imparato tanto da Michael Schumacher - dice il brasiliano -, senza l’esperienza fatta con lui, ora non sarei dove sono»; e ancora: «Sono felice, sono ottimista... il nuovo pacchetto aerodinamico dà ottimi risultati (basti pensare che tra la simulazione di gara fatta con e senza pacchetto c’erano a fine Gp 20 secondi tondi, ndr)». Quindi Felipe indica l’avversario numero uno; non è il compagno: «È Alonso, i due mondiali vinti bastano a dimostrarlo.
Però mi sento pronto a fare altri passi in avanti... Sì, con un team fantastico come questo alle spalle, non potrebbe essere altrimenti; sono entusiasta, però non sono uno che ama dire che vincerà Gp e titolo, però confesso che ci proverò allo spasimo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.