nostro inviato a Ginevra
«Tecnicamente, per Ferrari, è possibile una quotazione superiore rispetto al 10% indicato», mentre la seconda piazza, dopo quella di New York, dove approderà il titolo del Cavallino, non è stata ancora decisa e potrebbe anche non esserci («per noi è fondamentale il listino americano»). A Ginevra, che da domani al 15 marzo ospiterà l'annuale Salone dell'automobile, l'ad di Fca e presidente di Ferrari, Sergio Marchionne, ha toccato tutti i temi caldi del momento, inclusi quello della ricerca di un terzo partner («parlo continuamente con Martin Winterkorn, ceo di Volkswagen, sono disposto a collaborare quando vogliono; sono molto bravi») e le opportunità occupazionali che il rilancio produttivo di Fca in Italia fa intravedere. Ecco allora che per l'impianto di Melfi i posti possono salire - comprendendo i trasferimenti dagli altri stabilimenti - anche fino a 1.900. E poi si avvicina il fischio d'inizio dell'importante partita legata all'Alfa Romeo e al rilancio della fabbrica di Cassino, oltre alla realizzazione a Mirafiori del Suv di lusso Maserati Levante. «Avremo bisogno di nuove assunzioni», ha aggiunto Marchionne, facendo intendere di aver parlato dei nuovi programmi con il premier Matteo Renzi durante la visita di quest'ultimo a Torino. «Voglio che sia lui a guidare la prima Levante che uscirà dalla linea di Mirafiori», ha aggiunto l'ad che ha nuovamente elogiato il premier «per quello che sta facendo».
L'attenzione, comunque, è sempre polarizzata su Ferrari e sull'approssimarsi dello sbarco di Maranello a Wall Street. «In un mondo ideale - ha precisato il presidente del Cavallino - quoterei il 10%, ma la domanda è molto più alta e quindi stiamo valutando se venderne di più. Dobbiamo capire veramente bene. Anche il 20% non risolverebbe il problema della scarsità dei titoli. La questione è stabilire il prezzo e non creare squilibri». Per Ferrari, intanto, si fa strada lo stesso schema societario messo a punto per Fiat Chrysler Automobiles e Cnh Industrial: una holding con sede all'estero, probabilmente ancora in Olanda, all'interno della quale inserire l'azienda operativa. A Marchionne, comunque, preme far passare il messaggio che se ciò si avverasse, il Cavallino continuerà a produrre a Maranello e a pagare le tasse nel nostro Paese. «Non bisogna confondere - osserva il top manager - l'azienda che sarà quotata con l'esistenza stessa dell'azienda». A questo punto, se si ripetesse lo schema Fca-CnhI anche per Ferrari, il mercato vede possibile la costituzione di un patto tra Exor, che avrà in pancia Ferrari dopo lo scorporo, e Piero Ferrari, il figlio del fondatore al quale fa capo il 10% del Cavallino. La soluzione permetterebbe alla holding di casa Agnelli di arrivare al 50% dei diritti di voto, grazie al rafforzamento della sua posizione, in seguito al meccanismo che premia la fedeltà dei soci.
A Ginevra, con maglione nero d'ordinanza e sciarpa grigio-nera al collo, l'ad di Fca ha quindi difeso dalle accuse, provenienti soprattutto dalla Francia, le motorizzazioni diesel. Parigi, infatti, punta a disincentivare l'uso dei motori a gasolio ritenuti inquinanti. «Il diesel - il commento di Marchionne - non è il peccato originale e non è il peccatore del sistema di emissioni. Ma per incoraggiare una maggiore diffusione dell'ibrido e delle alimentazioni alternative sono necessari incentivi. Nei primi due mesi di quest'anno l'industria dell'auto sta cercando di risollevarsi, abbiamo i primi dati positivi e non vorrei che il settore venisse caricato di costi addizionali mentre si sta cercando di uscire dal pantano».
Le possibli nuove assunzioni, le ipotesi su Ferrari, la ripresa di Fca in Italia e i dati di mercato negli Usa (+6% in febbraio) non hanno però scaldato la Borsa. A Milano il titolo Fca ha perso il 3,3%, scendendo a 13,63 euro, risentendo soprattutto delle prese di beneficio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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