Confermata la sanzione di centomila dollari più spese, accettata la difesa Ferrari che non di ordini di scuderia si trattava bensì di strategia volta a non creare problemi fra i propri piloti, e - qui sta la vera novità - deciso all’unanimità di rivedere la norma che li vieta. A Parigi, davanti al Consiglio mondiale Fia, per cui innanzi a un processo motoristico vero e proprio, vince la Rossa, vince il team principal Stefano Domenicali, vince il buon senso e, massì, vince anche la Federazione e con essa monsieur Jean Todt. Tutti vincitori che avevano molto da perdere.
La Ferrari, ad esempio. Avrebbe potuto dire addio ai punti conquistati in Germania nella doppietta Alonso-Massa senza i quali neppure un trionfo monzese, questa domenica, sarebbe bastato a mantenere vive le speranze iridate dello spagnolo. La Fia, ad esempio. Dopo aver comminato 100mila dollari di multa al Cavallino, sarebbe stato controproducente privarlo anche dei punti conquistati in Germania. Per la Federazione, togliere dalla lotta iridata il team più importante solo per infierire nella punizione, sarebbe stato un assurdo sportivo e per certi versi anche giuridico visto che il famigerato articolo 39.1 (vietati gli ordini di scuderia che alterano il risultato) è di fatto disatteso da tutti i team perché tutti lo aggirano e tutti sanno bene che da sempre, nelle corse automobilistiche, prima viene l’interesse della squadra e poi quello del pilota. E ancora: Jean Todt, ad esempio. Il presidente Fia, pur avendo deciso di non presiedere l’assemblea per il proprio passato alla guida del reparto corse di Maranello, avrebbe comunque rischiato molto a livello d’immagine. Perché era stata proprio una sua decisione al muretto della Ferrari - Zeltweg 2002, quando impose il sorpasso Schumi-Barrichello a pochi metri dal traguardo - a spingere la Fia e il predecessore Max Mosley a vietare gli ordini. Ma non solo: Todt avrebbe perso credibilità perché suo figlio è il manager di Massa e sarebbero state altre polemiche. Di più: se il Consiglio avesse inasprito la pena, se avesse dato una condanna sub judice alla squadra italiana, tutti, Ferrari in testa, avrebbero interpretato la decisione come una sentenza politica in continuità con l’ex presidente e nemico del Cavallino, Mosley. Invece Todt dirà sollevato: «Il divieto agli ordini va modificato perché nessuno lo rispetta... Perché la sanzione non è stata inasprita? I presunti ordini vanno provati».
Per cui, ora, tutti tirano sospiri di sollievo, a cominciare da Felipe Massa consapevole di aver combinato un pasticciaccio nel suo ostinarsi a duellare con Alonso in Germania; e con lui lo tira il suo ingegnere, Rob Smedley, che in mondovisione gli aveva detto «buon lavoro, sorry, mi dispiace» dando il via alla sequela di accuse. Per entrambi posto salvo anche se su Felipe si torna a parlare di possibili, futuri, sostituti. Fra tutti, Kubica. E lo tira la Rossa che da domani stesso si concentrerà sulle residue speranze per tornare in corsa mondiale (Hamilton 182 punti, Webber 179, Vettel 151, Button 147, Alonso 141) mentre Stefano Domenicali potrà finalmente dedicarsi esclusivamente a tenere unito il team in questa missione. A ben vedere, proprio Domenicali è il vero vincitore. Una vittoria, la sua, che ne consacra l’autorevolezza proprio perché sancita dall’unanimità con cui l’assemblea ha deciso (su proposta anche del presidente Aci, Gelpi) di rivedere o addirittura cancellare il divieto in questione.
In serata, commenterà: «Voltiamo pagina è concentriamoci su Monza. Quella dei giudici è una decisione che va nella direzione giusta, ne prendiamo atto e apprezziamo che il consiglio mondiale ritenga opportuno rivedere la norma sugli ordini di scuderia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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