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Ma alla festa dell’Unità lo scontrino resta un tabù

nostro inviato a Rimini

Maledetti evasori! Il Partito democratico lancia l’ennesima crociata contro l’evasione fiscale, alza i toni, se la prende con la destra, chiede di far pagar dazio a chi non lo ha mai fatto, scolpisce parole d’ordine come tracciabilità e trasparenza, arriva con Romano Prodi a ipotizzare una completa transizione verso l’elettronico - leggi Bancomat e carte di credito - per arrivare al controllo perfetto, all’assoluto monitoraggio di tutte le spese del contribuente. È un momento storico, dicono, e non si può più scherzare, bisogna abbandonare il fioretto e prendere la sciabola, illuminare le zona d’ombra, abbattere i privilegi.
Fin qui le parole, le reprimende, i j’accuse firmati a Roma da Pier Luigi Bersani. Basta, però, cambiare scenario e spostarsi nella rossa Emilia, a un’ora e mezza di auto da Rimini e dal Meeting, e si accendono i riflettori su una realtà apertamente dissonante rispetto alla grande campagna d’estate del partito di Via del Nazareno. Domani, infatti, a Bologna si apre la Festa dell’Unità al Parco Nord alla presenza del sindaco Virginio Merola. Ma soprattutto parte l’ennesima manifestazione di partito gioiosamente esentasse.
Sì, perché come ricordato ieri dal Corriere di Bologna, nella kermesse felsinea anche quest’anno ci sarà un grande assente: lo scontrino fiscale. E così piadine e lambrusco, spillette e poster del Che, sandali di cuoio fatti a mano e incensi saranno venduti con un incasso accompagnato al massimo da un sorriso o una pacca sulle spalle. Un trattamento ben diverso rispetto a quello del Meeting dove ogni incasso è rigidamente «scontrinato» e registrato, come fa notare Giorgio Vittadini.
In un altro momento la circostanza sarebbe passata sotto silenzio. Quest’anno, però, nella Festa celebrata ai tempi della crisi, la polemica sull’assenza del registratore di cassa si fa strada e viene rilanciata su Internet, dove le perplessità per il privilegio fiscale - normato per legge e quindi perfettamente in regola, è bene precisarlo - crescono.
La domanda sorge spontanea: se Romano Prodi sostiene che la democrazia si sostiene con la ricevuta fiscale, questo regime parallelo come deve essere considerato? È giusto richiamare tutti all’ordine, rivendicare la propria diversità e poi lasciare che negli esercizi delle Feste dell’Unità gestiti direttamente dai volontari non si emetta scontrino o ricevuta, e quindi non si paghino le tasse? Gli incassi, d’altra parte, sono tutt’altro che trascurabili: 4 milioni di euro per la festa di Bologna città nel 2010, circa 12 milioni di euro per l’insieme delle feste provinciali.
Molto più ridotti, invece, a detta degli organizzatori gli utili che quest’anno dovrebbero toccare quota 200mila euro.

In ogni caso il Pd è ora sotto pressione e le richieste di un beau geste che faccia uscire le feste dalla ridotta del privilegio si moltiplicano. Una inversione di rotta anomala per le «feste di popolo». Ma che magari regalerebbe al Pd il voto di qualcuno dei tanti ristoratori da sempre in trincea contro la concorrenza sleale della piadina esentasse.

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