La Fiamma spegne il ’900 e la sua eredità di simboli

Il marchio del Movimento sociale aveva resistito a Falce e martello e Scudocrociato. In soffitta anche i termini «compagno» e «camerata»

La Fiamma spegne il ’900 e la sua eredità di simboli

S’è spenta la Fiamma, e con essa anche l’ultimo lume che teneva in vita il Novecento. È una data storica quella di ieri, da ricordare come il 25 aprile o il 4 novembre, la presa di Porta Pia se volete andar più indietro nel tempo o il primo passo dell’uomo sulla Luna se la fine delle due guerre mondiali vi sembra materia per Piero Angela & figlio. Dal nostro Parlamento scompare anche l’ultimo simbolo dei partiti che hanno segnato il secolo scorso. Tra i più tormentati della storia italiana, che ha visto due guerre devastanti e tragiche, una lunga dittatura, rivolte e moti sociali, trionfo di utopie e feroci scontri ideologici. Tutto questo non c’è più, il Novecento è davvero finito anche nei suoi simboli, può essere serenamente consegnato ai libri di storia. Quella Fiamma alta 12 metri oscurata al termine del congresso di scioglimento di An, pone il sigillo liberatorio a un passato che appesantiva tutti, trascina con sé in cantina un intero armamentario di formule, linguaggi, bandiere e inni che sopravvivevano a se stessi per stanca forza d’inerzia.
Se ce ne ha messo a morire, il Novecento? Appeso alle cannule di una società morbosamente affezionata anche ai suoi difetti e malanni, per noi il nuovo millennio inizia adesso. Oddio, il secolo scorso era già caduto nel 1989 sotto il Muro di Berlino, però nessuno dei nostri politici se ne era accorto, salvo Cassandra Cossiga. Un’agonia lunga vent’anni, paralizzante, però condivisa ed equamente bipartisan se pensate che appena un anno fa in Parlamento di Falce e martello se ne contavano addirittura due. Anche la Fiamma ha retto a lungo. Pur se è tornata grande - in cartellone, s’intende - per quest’ultimo congresso, è da Fiuggi, tre lustri ormai, che resisteva piccola sotto il nome di Fini e la nuova ragione sociale. S’è vista sovrapporre pure un Elefantino, quello di Mariotto Segni, in una sfortunata campagna elettorale.
Era ridotta a una fiammella, ma sempre quella di Michelini e Almirante accesa nell’ultimo dopoguerra. Il contraltare alla Falce e martello del Pci, disegnata da Guttuso. Chi avesse disegnato la Fiamma del Msi invece, resta confuso e controverso, ma a consolazione va detto che anche l’opera di Guttuso per il Pci, è probabilmente una leggenda metropolitana. Come quella che vorrebbe quali ultime parole di Giuseppe Saragat «voglio morire socialdemocratico», che scatenarono un putiferio col Psi ma erano pura invenzione di un cronista che doveva rendere un «buco» alla concorrenza. Ma torniamo al simbolo del Msi, che una corrente più nostalgica e un po’ esoterica seppur con venature macabre, voleva disegnato a rappresentare la fiamma tricolore che scaturiva dalla bara trapezoidale del duce, con la vera sigla per gli iniziati: «Mussolini Sei Immortale». I militanti più spregiudicati però, per accattivarsi il voto delle vecchine recitavano «Maria Santissima Immacolata». Niente da ridire, in un’Italia dove i comunisti mangiavano i bambini e i democristiani erano servi del padrone, un’Italia delle ideologie a prescindere e della politica che se ne sbatteva delle cose concrete.
Ora tutto s'è consumato. In soffitta da qualche anno lo Scudo crociato scelto da De Gasperi e Alessi nel 1942, via dal Parlamento anche Falce e martello - non molte legislature fa, se ne ammucchiavano anche quattro o cinque - incrociati da Lenin nel 1918, scomparsi Sol dell’avvenire e ogni altro simbolo del Novecento, s’è spenta infine la Fiamma. Da oggi ogni tabù è infranto, riti e formule del vecchio secolo che ancora resistono, possono essere irrisi. Ha senso, chiamarsi ancora «compagni», «camerati» o (democristianamente) «amici»? Pugni chiusi e saluti romani, sembrano negletti anche dalla politica extraparlamentare. Qualcuno è tentato ancora di intonare Avanti popolo, o l’Inno a Roma, oppure Bianco fiore? Risuonano come reperti archeologici, ed è salutare, nuovo e sano - anche se i politici del nuovo millennio continuano a insultarsi e scontrarsi come nel vecchio - registrare che finalmente nei congressi del centrodestra e del centrosinistra si canta lo stesso inno, Fratelli d’Italia.
Ed è vero che svariati polemisti e qualche big continuano a parlare di «destra» e di «sinistra», sovente con reciproco disprezzo: ma hanno ancora senso, tali categorie del pensiero politico? Guardate all’opposizione e dite che cosa ha di «sinistra» il partito dipietrista, che più giustizialista, autoritario e d’ordine non si potrebbe immaginare. Direste che Rutelli era un sindaco più a «sinistra» di Alemanno? E qualcuno oserebbe dare del «destro» ai repubblicani o ai socialisti che stanno nel Pdl? Ironia del nuovo secolo, si contano più ministri socialisti, e con maggior potere, nel governo Berlusconi di quanti ce ne fossero nei centrosinistra d’antan.
PS. Dite che abbiamo dimenticato l’Edera, che il Pri siede ancora in Parlamento e ciò inficia l’intero e bel discorso sulla fine del Novecento? È vero, i repubblicani resistono e anzi, or che la Sbarbati è tornata a casa, non sono più due gatti soltanto. Ma i repubblicani rappresentano un caso a parte, pure Togliatti li diceva «un piccolo partito di massa».

E poi fu Mazzini a scegliere l’Edera come simbolo alla Giovine Europa nel 1834, quando era rifugiato in Svizzera. All’Edera il Pri è aggrappato sin dalla sua fondazione, a Bologna nel 1895. Dunque non è figlia del Novecento, ma del secolo prima.

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