Fiat-Chrysler, accordo entro il 15 o l’intesa scade

«Non ce ne andremo mai»: Sergio Marchionne risponde così ai tre fondi dell’Indiana che, con il loro ricorso alla Corte suprema, hanno di fatto bloccato l’operazione Chrysler. Lo stop all’accordo, «fino a nuovo ordine», è stato deciso lunedì dalla giudice di New York, Ruth Bader Ginsburg. Per Fiat, comunque, il rischio è che nuovi ritardi peggiorino la situazione già precaria di Chrysler. E ieri, in una lettera di quattro pagine inviata alla Corte suprema, i legali di Torino hanno sollecitato il magistrato a dare una risposta prima del 15 giugno, cioè la scadenza fissata dal contratto per l’ufficializzazione del deal. «Il punto cruciale che i fondi dell’Indiana ignorano - si legge nella nota - è che se la transazione di vendita approvata dal tribunale fallimentare non andrà in porto entro il 15 giugno 2009, si concluderà in base ai suoi stessi termini». Il Lingotto precisa inoltre che l’unica eccezione prevista per una proroga di 30 giorni «è inapplicabile» perché ci sono già stati tutti i via libera attesi. «La conclusione automatica - prosegue Fiat - riflette il delicato equilibrio tra gli interessi dei numerosi azionisti nel salvataggio di Chrysler e il riconoscimento che dopo il 15 giugno il probabile deterioramento delle fortune di Chrysler significherebbe che nessuno di questi azionisti vorrebbe continuare a essere vincolato dall’accordo originale». Ci sarebbero, insomma, le condizioni per rinegoziare l’intesa in termini ben diversi.
Lo stop arrivato dalla Corte suprema alla cessione delle attività di Chrysler rappresenta un brutto colpo anche per l’amministrazione Obama, che ha apertamente caldeggiato l’intesa con Fiat e, prima della sentenza, ha invitato - invano - la giudice Ginsburg a non pronunciarsi, lasciando che il salvataggio della casa Usa proseguisse senza intoppi. Inoltre lo stop a Chrysler potrebbe avere serie ripercussioni sulla bancarotta di Gm (Edward Whitecre, numero uno di At&t, sarà il nuovo presidente, mentre Fritz Henderson resterà ceo). Il presidente Usa, Barack Obama, ha infatti annunciato la bancarotta di Gm il primo giugno, citando la procedura veloce per Chrysler come la dimostrazione che anche l’altro colosso di Detroit, la cui dichiarazione di insolvenza si presenta molto più complessa, avrebbe potuto procedere agilmente.
In attesa di novità da New York, in Germania continua la discussione su Opel e la cordata che si è aggiudicata l’asta a scapito di Fiat. Torna a parlare il governatore dell’Assia, Roland Koch, secondo il quale «Magna contribuirà al rilancio di Opel grazie anche alla sua reputazione».

Ad Apcom, invece, il ministro dell’Economia russo, Evgenis Yasin, confessa che «l’idea della partecipazione della cordata di Mosca nell’affare Opel risponde solo ad ambizioni politiche, senza basi economiche».
Fiat, infine, si prepara a celebrare un maggio positivo in Europa con risultati di vendite e quota «leggermente in crescita rispetto ad aprile», secondo le anticipazioni di Jd Power.

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