Politica

La Fiat di Marchionne entra a gamba tesa sulla manovra anti crisi

Il numero uno torinese a gamba tesa sulla manovra: ha paura che si vendano meno auto. Lui cerchi di farle migliori. Elkann: "Ma all'Italia interessano le auto?"

La Fiat di Marchionne 
entra a gamba tesa  
sulla manovra anti crisi

Dopo Montezemolo, Marchionne. L'amministratore delegato di Fiat ieri è entrato a gamba tesa sulla manovra finanziaria e sul futuro di questo gover­no. Non vuole l'aumento di un punto di Iva sui con­sumi (leggi auto), insieme al suo presidente John Elkann ha minacciato sfracelli in caso contrario, ha detto che appoggerà una eventuale discesa nell'arena politica del Montezemolo medesimo. Escludiamo che Marchionne sia preoccupato per il sacrificio che eventualmente dovranno fare i consumatori, non è il tipo da porsi questi proble­mi. Più facilmente teme una ulteriore contrazio­ne delle vendite di auto Fiat per via del piccolo bal­zello.

Timore legittimo ma fino a un certo punto. Primo, se l'Iva salisse dal 20 al 21 rimarrebbe co­munque ampiamente nella media di quella appli­cata dai paesi europei. Secondo, non essendo una tassa sulla Fiat ma sulle auto non altererebbe la concorrenza e la quantità di vendite continuereb­be a dipendere dalla qualità e novità dei prodotti, che non dipendono dal governo ma da lui. La ricetta «quello che serve a Fiat serve al pae­se », accettata dalla politica per tutto il regno Agnel­li, è tra le cause del debito pubblico e della crisi del­la casa di Torino. Tanto che è stato lo stesso Mar­chionne a separare, con il plauso di pochi tra i qua­li questo giornale, i destini della fabbrica da quelli dell'Italia: la fuga in America, il rinnovo dei con­tratti di lavoro prendere o lasciare, la rottura con Confindustria eccetera eccetera.

Finalmente ognuno sta andando per la sua stra­da, e speriamo che la cosa continui. Ovviamente il parere della prima azienda privata italiana ha e de­ve avere il suo peso nelle valutazioni del governo, ma non più di altri. E soprattutto non è bello né uti­le che il più importante manager vada oltre, augu­randosi la caduta di un premier e indicando il suo successore. Altrimenti viene il sospetto che lui e il suo ex presidente Montezemolo, ancora pesante­mente a libro paga del gruppo, vogliano farsi anco­ra più e meglio gli affari loro (auto, treni, banche, finanza).

In effetti alcuni anni fa un noto imprenditore se­guì una strada simile. Ma a differenza di Mar­chionne indicò se stesso e chiese agli italiani se condividevano. Si chiama Silvio Berlusconi e go­verna da 18 anni.

Mi auguro che oggi ascolti casa Fiat ma poi agisca nell'interesse di tutti, perché se fosse per Fiat la sua discesa in campo sarebbe falli­ta da tempo, probabilmente non sarebbe mai av­venuta.

Commenti