Marcello Zacché
da Milano
Fiat ha ripreso a salire in Borsa, chiudendo in rialzo dell1,1% a 13,8 euro. Probabilmente non è per il «ritorno» di Lapo Elkann, che secondo il Financial Times si sta preparando a curare il lancio della Nuova Cinquecento.
Piuttosto, al mercato è piaciuta la nuova operazione in Cina: Fiat Auto e Chery Automobiles hanno siglato ieri un memorandum d'intesa, in base al quale il gruppo asiatico fornirà motori benzina da 1.6 e 1.8 litri da montare su vetture Fiat prodotte in Cina e fuori del mercato cinese. Le due società, secondo quanto comunicato in una nota congiunta, stimano una fornitura annua di oltre 100mila motori e prevedono di firmare l'accordo definitivo prima di fine anno.
Nelloccasione Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, ha dichiarato che «l'accordo con Chery ci darà l'opportunità di incrementare ulteriormente la produttività della nostra gamma prodotta sui mercati internazionali. Nellaccordo vediamo il potenziale per una più ampia collaborazione nell'area motori e cambi e successivamente anche in altri ambiti automotive».
La mossa conferma la nuova strategia delle alleanze di Marchionne, chiaramente sbilanciata verso i mercati dei Paesi emergenti. Chery arriva dopo le intese già siglate in Cina da Iveco con Saic e nelle auto con Nanjing, mentre in «zona» il Lingotto ha stretto un importante legame con Tata in India e con Severstal a Mosca.
Mentre in Turchia proprio da domani, al Salone dell'Automobile di Istanbul, debutta la Linea, la nuova berlina a tre volumi del segmento «C», nata nell'ambito della Tofas, joint-venture paritetica tra Fiat Auto e la Koç Holding.
Sono tutti esempi di come il gruppo punta a conquistare quote di mercati in forte crescita, soprattutto in prospettiva. Anche di questo, cioè delle alleanze, si parlerà probabilmente nel piano industriale che Marchionne illustrerà il 9 novembre ai segretari nazionali di Fim, Fiom, Uilm e Fismic, a Torino. Mentre il giorno prima, sempre a Torino (e non a Balocco come programmato in un primo momento), il piano industriale sarà presentato agli analisti finanziari.
Il clima sembra estremamente favorevole, tanto che Giorgio Caprioli, segretario generale della Fim, parla di «una fase di consolidamento in cui ci apprestiamo ad ascoltare un piano industriale che pensiamo debba essere di ulteriore rilancio della produzione. Ci aspettiamo un'ulteriore conquista di quote di mercato e quindi una saturazione del lavoro in tutti gli stabilimenti».
Intanto la holding di controllo del gruppo, Ifil, arriverà a detenere direttamente oltre il 10% della svizzera Sgs nell'ambito di un'offerta di scambio proposta da Sequana, società francese controllata dalla società della famiglia Agnelli. Nel dettaglio, Ifil avrà tra il 12,5 e il 18,6% dei diritti di voto di Sgs, a seconda di quali saranno le adesioni all'Ops degli altri soci di Sequana, si legge in un comunicato del gruppo svizzero.
Sequana ha deciso di uscire da Sgs e ha proposto ai suoi azionisti di scambiare fino alla metà dei titoli in loro possesso con un concambio che prevede il conferimento di un'azione Sgs ogni 31 azioni della società francese. L'Ops si apre il 7 e si chiuderà il 28 novembre.
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