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Fiat in Serbia, premier: non a scapito dell'Italia

Non si placano le reazioni alla decisione della Fiat di produrre il nuovo monovolume in Serbia. I lavoratori scioperano. Berlusconi: "Decisione non leda i lavoratori". Tavolo convocato per il 28. Serbia, un operaio guadagna 444 euro

Fiat in Serbia, premier: non a scapito dell'Italia

Torino - Non si placano le reazioni politiche e sindacali alla decisione della Fiat di spostare la produzione del nuovo monovolume in Serbia. E mentre i lavoratori "incrociano le braccia" per lo sciopero di 2 ore proclamato dalla Fiom a Mirafiori e in altri siti Fiat contro i licenziamenti e sul premio di risultato, fioccano le dichiarazioni da parte di maggioranza ed opposizione. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, convocherà azienda e sindacati mercoledì prossimo aprendo così un tavolo sul futuro di Mirafiori.

Governo al lavoro "In una libera economia ed in un libero stato un gruppo industriale è libero di collocare dove è più conveniente la propria produzione". Ma Berlusconi si augura che "questo non accada a scapito dell’Italia e degli addetti a cui la Fiat offre il lavoro". Proprio per questo, d’intesa con il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota, Sacconi ha convocato i vertici del Lingotto e i sindacati per l’esame del piano "fabbrica italia" e delle sue ricadute produttive e occupazionali sui siti produttivi italiani. Il confronto tra parti sociali e istituzioni si svolgerà mercoledì prossimo a Torino.

Sacconi frena il Lingotto Dal Governo, dopo le critiche espresse dal ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, invita l’amministratore delegato dell Fiat, Sergio Marchionne, a "non agire unilateralmente e a discutere con la controparte sindacale su come utilizzare i siti industriali italiani". Intervistato da Sky Tg24, il ministro sottolinea la necessità di "riaprire il tavolo tra le parti" anche se fa presente che non spetta all’esecutivo indicare soluzioni concrete. "Il Governo - osserva Sacconi - deve creare il contesto in grado di rendere l’Italia attraente per gli investitori". E tiene ad escludere nuovi incentivi: "Non li chiede l’azienda e non sarebbe giusto", afferma il responsabile del dicastero di via Flavia. Sacconi respinge le critiche di chi sostiene che il Governo sia assente in questa partita. "Stiamo seguendo la vicenda al punto che sono stato addirittura accusato di essere io il fomentatore della divisione sindacale, il che è pazzesco", rileva il ministro. Quella dell’esecutivo, aggiunge, "è un’azione diplomatica. L’obiettivo finale è che gli interventi previsti dal piano Italia ci siano".

Bersani accusa il governo Duro il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. "Io dico al governo che non può permettere che ci sia uno che gira per il mondo a dire che le cose non si possono fare in Italia. La Fiat dica perché dovrebbe andare in Serbia. Per i salari a 400 euro? E le fabbriche inglesi, spagnole, tedesche dovrebbero andare tutte in Serbia? A Torino non siamo più capaci di fare macchine?". Bersani aggiunge poi come "non avere tenuto da parte del governo la barra di un tavolo su questo programma Fiat sia una colpa gravissima. Abbiamo ancora Termini Imerese in ballo, da risolvere, la componentistica che ancora non ha avuto un tavolo ed è un comparto fondamentale".

Bonanni: "Delocalizza? Importante mantenga produzione" Non è tanto importante che la Fiat decida di delocalizzare la produzione di un’auto, l’importante è che in Italia mantenga le promesse di aumento della produzione. Lo ha detto il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, intervenendo al convegno dei Circoli di Nuova Italia. "Chiederò a Marchionne che la promessa di produzione di 1.400.000, a fronte delle attuali 600.000, venga mantenuta. Che quella monovolume sia prodotta in Serbia, in Polonia o in Italia non è importante. A condizione però che nel sito di Torino ci sia un prodotto altrettanto importante, anche più importante". "Spero che Fiat possa sgomberare ogni equivoco" al tavolo convocato il 28 luglio, ha concluso Bonanni. 

Sindacati serbi contrari "Noi al sindacato abbiamo seri dubbi per quanto riguarda la decisione di Marchionne, perchè in un anno ha cambiato il piano tre volte", spiega il sindacato serbo Jedinstevna Sindikalna Organizacija della Zastava. "Sulla base delle informazioni in nostro possesso,non esiste nessun accordo ufficiale né informazione ufficiale del Governo serbo (che è proprietario del 30% della Fiat Auto Serbia), relativa alle dichiarazioni (intenzioni) di Marchionne". Al momento, si legge nel comunicato, la fabbrica di Kragujevac "è ferma a causa delle vetture non vendute ferme nel piazzale (circa 4.500 unità); tutti i 1.060 lavoratori della Fiat Auto Serbia sono in cassa integrazione (percepiscono il 65% del salario)" e "circa il 70% dei lavoratori è sovvenzionato dal governo serbo per arrivare al minimo garantito di 160 euro". Allo stesso tempo, "la ricostruzione dei reparti viene eseguita da imprese appaltatrici, nonostante migliaia di lavoratori della Zastava siano a casa senza lavoro.

Proprio due giorni fa un lavoratore di un’impresa appaltatrice è morto sul lavoro".

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