Fiat spegne Termini, la rabbia degli operai

Fiat spegne Termini, la rabbia degli operai

Ha la voce rotta da un mix di rabbia e commozione: «Ieri, dopo 23 anni, ho fatto il mio ultimo turno da operaio della Fiat. E come tutti gli altri colleghi posso assicurare che anche in questi giorni le macchine uscite da Termini Imerese sono state assemblate con grande dedizione e alta qualità. Il mio rammarico è non aver potuto assemblare l’ultima auto, quella dell’addio». Tommaso D’Ippolito, 49 anni, quasi la metà trascorsi a costruire automobili lungo la linea di montaggio siciliana, ora che non ha più gli assegni familiari (è papà di un bambino di 12 anni) guadagna 1.100 euro al mese, che scendono a 850 con la cassa integrazione. «Per capire certe cose - spiega - bisogna provare a rompersi la schiena in fabbrica. E anche questioni che possono sembrare quisquilie, come il ritocco delle pause, per noi sono importanti». Musi lunghi ieri fuori dai cancelli. Al termine dell’assemblea con i sindacati, è stato deciso di organizzare un presidio 24 ore su 24 davanti all’ingresso fino a mercoledì prossimo, in attesa che il tavolo tra istituzioni, Fiat, i nuovi proprietari di Dr Automobiles e i rappresentanti sindacali trovino la quadra sul problema del bonus alla mobilità. «Il futuro di questo polo industriale con Dr? È una scommessa - commenta l’operaio -: le macchine sappiamo farle e loro hanno bisogno di noi».
Ieri sera alle 22 la storia della Fiat in Sicilia si è dunque conclusa con l’uscita dalla catena di montaggio dell’ultima Lancia Ypsilon. La city-limousine nuova, quella reclamizzata dall’attore francese Vincent Cassel, cioè la Ypsilon a 5 porte, nasce ora a Tychy, in Polonia. Alle porte di Palermo, se tutto andrà bene, dalla seconda metà del 2012 saranno sfornati i modelli italo-cinesi targati Dr, l’azienda molisana produttrice di city-car e Suv guidata da Massimo di Risio, nei cui piani ci sono l’espansione all’estero (dal 2014) e 60mila veicoli realizzati in Sicilia (nel 2017). Toccherà a di Risio, una volta completato l’insediamento, convincere nei fatti le 1.312 tute blu, ex Fiat, che lavoreranno per lui della bontà del progetto.
Ieri in fabbrica molti operai, soprattutto quelli più anziani, mostravano vari cartelli: i ringraziamenti a Gianni Agnelli per aver creato il sito 41 anni fa, e l’opposto nei confronti dell’attuale establishment torinese. A essere preso di mira è soprattutto Sergio Marchionne. L’attesa, ora, è rivolta al vertice del 30 novembre prossimo. L’intenzione di istituzioni e sindacati è di chiudere con la firma dell’accordo tra le parti che spianerebbe la strada a di Risio. Da sciogliere resta il nodo del numero dei dipendenti in esubero, rispetto alle assunzioni programmate da Dr, da porre in mobilità e l’ammontare dell’incentivo all’uscita. Il Lingotto ha individuato 511 persone, mentre i sindacati parlano di 600-650. La Fiat, da parte sua, avendo già «regalato» lo stabilimento, facendo di fatto un grosso dono a chi si insedierà, ha fatto sapere di non voler applicare le tabelle che vengono utlizzate in questi frangenti. «Cessata la produzione, più passa il tempo - afferma Gianluca Ficco (Uilm) - più diventa debole la posizione dei sindacati e precaria quella dei lavoratori di Termini Imerese. Il 30 dobbiamo provare a chiudere». Il Lingotto, che si è dato un plafond di esborso, sta così alla finestra. Il bonus, è stato convenuto nella riunione di mercoledì scorso al ministero dello Sviluppo, «sarà disponibile unicamente per quegli addetti che matureranno il diritto di pensionamento nel corso della validità degli ammotizzatori sociali».

La Regione Siciliana, che ha tutto l’interesse a mettere la parola fine sulla vicenda, starebbe pensando a un ulteriore «chip» per integrare la quota Fiat. E il ministro Elsa Fornero (Lavoro): «Il governo segue con attenzione le vicende Fiat».

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