Torino - Sergio Marchionne ha annunciato che entro il mese potrebbe rivelare una nuova alleanza per la Fiat. Le ipotesi sul tappeto non mancano, in particolare per l’Auto e Iveco. Nel primo caso il Lingotto deve anche pensare a come attrezzarsi in vista dello sbarco negli Stati Uniti dell’Alfa Romeo. Per competere con costruttori del calibro di Bmw, vendere cioè almeno 20mila vetture l’anno, sono necessari motori ad hoc con i gusti degli yankees (6 e 8 cilindri, potenze elevate) e, soprattutto, un’adeguata rete di distribuzione (quella su cui può contare ora Maserati, una cinquantina di dealer, è insufficiente). Ecco un terreno fertile per possibili accordi. E allora perché non puntare su Land Rover e Jaguar (tecnologia 4x4, motori potenti e una rete interessante anche negli Usa), i gloriosi ma in questo momento poco redditizi marchi di cui il partner Ford, assetato di soldi, potrebbe fare a meno? (Il gioiello Volvo, nonostante le smentite, continuerebbe a essere nel mirino di Bmw). E poi ci sono i camion: sempre in America il gruppo italiano, oltre a pensare a una joint venture con al centro il furgone Daily, potrebbe proporre a Navistar l’acquisto di propri motori, quelli realizzati da Fiat Powertrain Tecnologies, divisione produttrice di propulsori e trasmissioni. Navistar, insieme a Paccar, è l’unico costruttore Usa di camion non ancora finito nel carniere di un colosso europeo. Di carne al fuoco, dunque, ce n’è parecchia e l’occasione per avere qualche risposta sui piani della Fiat è arrivata ieri, giorno della presentazione da parte di Fpt del primo di una serie di motori diesel destinato non solo ai marchi torinesi ma anche ai concorrenti. E sarà proprio un costruttore rivale, la Saab che ruota nell’orbita Gm, a inaugurarlo nella versione da 180 cavalli. Tra un anno lo stesso motore (il Jtd Twin Stage Turbo 1.9 a 16 valvole), ma con 10 cavalli in più, equipaggerà la nuova Lancia Delta Hpe. Con Alfredo Altavilla, nella duplice veste di amministratore delegato di Fpt e braccio destro di Marchionne per quanto riguarda gli accordi industriali del Lingotto (anche se in questo caso il manager ha mantenuto un ovvio riserbo sugli sviluppi degli accordi in divenire), il Giornale ha cercato di fare il punto della situazione.
Entro il 2010 Fpt quali obiettivi si è posta?
«Fatturare 8 miliardi, di cui 2 da realizzare grazie a vendite a terzi. Si è da poco svolta la prima convention mondiale dei 165 dealer Fpt: dovranno raddoppiare i loro volumi di vendita, cioè più di 100mila motori. Saremo allo stesso livello delle migliori case costruttrici».
Rimpianti per il passato? Certe commesse del gruppo Psa, per esempio la fornitura di motori «compatti» a Bmw-Mini e Toyota, sarebbero state su misura per voi...
«Durante l’alleanza con Gm non eravamo liberi come lo siamo ora. Tornati indipendenti, e con la nascita di Fpt, la vendita a terzi è una delle missioni principali della divisione. I contatti in giro per il mondo ci dicono che prodotti e tecnologie Fpt interessano anche a concorrenti molto qualificati».
Avete più richieste per i benzina o i diesel?
«Sui diesel abbiamo una leadership riconosciuta. Ma cominciano a essere appetibili anche i benzina. Tata, per esempio, ha scelto di utilizzare il nostro Fire in India».
Intanto la prossima settimana si recherà ancora in Cina da dove è appena tornato...
«Sì. Ci sarà la cerimonia di avvio della joint venture con Saic. Noi produrremo motori in Cina e li forniremo alla società locale che fa capo a Iveco. Tutti propulsori che ovviamente venderemo anche ad altri».
E l’incontro con il vicepremier cinese per cercare di dipanare la matassa Nanjing, il partner che stenta a seguire i piani di sviluppo di Fiat Auto sotto la Muraglia?
«Il rapporto è solido se consideriamo la collaborazione con Iveco.
Per l’Alfa Romeo negli Stati Uniti la rete commerciale è ancora tutta da costruire...
«Chiaramente bisogna sviluppare un network».
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