(...) ripercussione anche per quello che riguarda la composizione dei gruppi in consiglio regionale. Ad oggi, rispetto a quello che era lo scenario successivo alle elezioni dellaprile 2005, la situazione risulta ben diversa. E, se si mettono a confronto, con le debite proporzioni, il consiglio regionale ligure e quello delle altre regioni del Nord e del Centro si nota come il «trasformismo» sia una peculiarità di via Fieschi.
Per quaranta consiglieri oggi si contano ben quindici gruppi. Con sigle di pseudo movimenti di cui non si ha riscontro nel dibattito politico italiano. Insomma, sigle nate solo per costituire un gruppo autonomo in consiglio regionale. Oltre a Pd, Forza Italia, An, Udc, Italia dei Valori, Lega Nord, Verdi, Rifondazione Comunista e Pdci, si trovano una serie di componenti che spingono in alto i costi del consiglio regionale visto che ogni gruppo ha a disposizione sedi, spazi, mezzi e assistenti che devono essere concessi in dote. E, nonostante la frammentazione che esiste a sinistra, il caso più eclatante in Liguria è proprio quello del centro destra che, sotto linsegna del Popolo della libertà, ha ben tre gruppi salvo conservare anche quelli di Forza Italia ed An.
Ci sono i «Moderati per il Popolo della libertà», Nicola Abbundo e Matteo Marcenaro che, dopo aver lasciato luno Forza Italia e laltro Biasotti per passare nellUdc hanno fatto marcia indietro ma, invece di rientrare nei gruppi di origine, ne hanno creato uno per i fatti loro. Cè «Per la Liguria nel Popolo della Libertà» di cui fa parte Angelo Barbero, entrato da poco in consiglio regionale, insieme a Franco Rocca e poi cè «Per la Liguria- Sandro Biasotti» lista originale nel quale è rimasto il solo Gianni Macchiavello.
A sinistra Franco Bonello e Mino Ronzitti fanno parte di Unione a Sinistra, nato da una scissione diessina e partner elettorale fisso di Rifondazione Comunista. Partner elettorale è vero, ma non di gruppo. Rifondazione cè, con i suoi due componenti. Resiste anche «Gente della Liguria» con lassessore Giovanni Battista Pittaluga, mentre nel gruppo misto sono costretti a dividersi i ruoli Roberta Gasco, Fabio Broglia e Lorenzo Casté: diversa la provenienza politica dorigine e recenti anche le atroci liti per il ruolo di capogruppo che alla fine è stato preso da Fabio Broglia uno che ha aderito al Partito democratico a livello nazionale ma preferisce rimanere nel gruppo misto in consiglio regionale. Misteri della coerenza.
Particolare poi la storia dellUdc che aveva visto come unico consigliere uscito dalle urne Fabio Broglia, poi passato al gruppo misto e «sostituito» da Abbundo e Marcenaro. Fino a quando i due hanno abbandonato gli ex democristiani il cui simbolo è stato messo in salvo dallarrivo di Luigi Patrone e Rosario Monteleone. Il primo che lasciò Pittaluga, laltro lUlivo per «salvare» lo scudocrociato.
Quasi un record quello ligure che conta una media di 2,6 consiglieri per ogni gruppo. In Lombardia per un totale di 80 consiglieri ci sono 16 gruppi (per un media di 5 a sigla), con la possibilità per i componenti dellassemblea di creare dei gruppi autonomi anche se formati da un solo consigliere. In Toscana si contano «solo» 10 gruppi per 65 consiglieri (6,5), mentre sono 18 su 63 nel Piemonte (3.5) e 15 gruppi per 67 consiglieri nel Veneto (4.4).
Il gioco del «mi faccio il gruppo» rischia di costare comunque caro ai bilanci del consiglio regionale oltre che a fornire unimmagine distorta su quelli che sono ruoli e passaggi politici poco chiari che somigliano più a giochi di opportunismo personali che a scelte ideologiche, strategiche o politiche dei singoli consiglieri.