Ci vuole un bel bicchiere di rosso, magari un buon Merlot giovane, per accompagnare il Boreto a la Graisana. Perché, come spiegano alla Trattoria Ai Bragossi, Barba Chichin a bordo del suo bragozzo diceva che «pe fa 'l boreto bon, bisogna a mete do pugni de pèvere più dei oltri»: pepe nero, ingrediente indispensabile per il piatto simbolo della tradizione gradese, a sposare pesce e molluschi che secondo la Cooperativa Pescatori dell'Osteria di Mare devono essere rigorosamente a chilometro zero. O meglio, zero miglia, come confermano il menu, i pescherecci attraccati a pochi metri dall'ingresso, la cucina attigua al Mercato Ittico, e un mondo acquatico che si espande all'interno del ristorante con i tavolini bianchi e azzurri come i barconi, e i lampadari che sembrano briccole, i pali che delimitano i canali navigabili. Si raccontano storie d'acqua e di pesca nella bassa provincia goriziana che si affaccia sul golfo di Trieste dove Grado, come nelle poesie di Biagio Marin, «Tra sielo e mar par un castelo in aria».
Un'Isola d'Oro, incastonata tra i lidi accarezzati dall'Adriatico e i paesaggi sospesi nel tempo della laguna. Litorali completamente rivolti a sud baciati dal sole dall'alba al tramonto mentre la brezza polverizza le particelle marine cariche di iodio e crea quello speciale microclima che ben si affianca ai record di Bandiere Blu e alle Terme Marine che da oltre un secolo utilizzano i preziosi minerali presenti nel mare e nella sabbia, ora ospitate in un moderno centro talassoterapico abbracciato dal verde a pochi passi dalla spiaggia, con piscine riscaldate, settore medico, fisioterapico, benessere e fitness aperti tutto l'anno, www.gradoit.it, tel. 0431.899111. Alle spalle dell'Isola del Sole si estende il mondo silenzioso della laguna, apparentemente immobile ma in realtà in continua trasformazione, con oltre cento isolotti, siti di nidificazione degli uccelli, affioramenti con sfumature sempre diverse: «fiuri de tàpo», umili erbe delle barene che si adattano al terreno ricco di sali ed esplodono nel viola delle fioriture del limonium; tamerici a contrastare l'erosione nelle zone votate all'allevamento a carattere estensivo di spigole, orate, anguille e cefali; canne palustri, utilizzate per edificare con tecniche antiche i casoni, le basilari capanne dei pescatori con la porta rivolta verso sud-ovest per ripararsi dai venti freddi della Bora.
In uno dei punti più bassi della laguna, accanto al Canale di Grado, sorge l'isola di Barbana, antico lazzaretto di Aquileia oggi verde oasi di pace e di tradizioni, con un convento, un alto campanile e un santuario con centinaia di ex-voto che è meta ininterrotta, dal 1237, di pellegrinaggi particolarmente suggestivi nelle notti di plenilunio e del Perdòn, la processione via mare che ogni anno, la prima domenica di luglio, si snoda in un corteo di barche adornate a festa con i colori del Gran Pavese per trasportare sull'isola la statua della Madonna degli Angeli e ringraziare la «madonina» che secoli fa scongiurò la pestilenza.
Agli itinerari sull'acqua si aggiungono i percorsi in bicicletta, che dalle strade liberate dalle auto e movimentate dal passeggio estivo portano a Grado Pineta, con la spiaggia preferita dagli appassionati di kite surf, e al Golf Club della Tenuta Primero, campo a 18 buche con vista sul mare, www.golfgrado.it, e poi invogliano a pedalare senza fatica alla scoperta delle zone più incontaminate delle Riserve Naturali Regionali della Valle Cavanata, l'area umida di rilevanza internazionale al margine orientale della laguna, e un poco più a est della Foce dell'Isonzo, paradiso per gli amanti di birdwatching e natura, dove si può sostare presso gli osservatori, andare a cavallo, uscire in barca lungo il fiume in compagnia delle guide naturalistiche.
Nel centro di Grado invece, in un dedalo di campi, calli e campielli, i passi ricalcano la storia di «Nova Aquileia di Venezia Madre»: prima attracco, Gradus, per i ricchi commerci della colonia romana, poi rifugio dalle invasioni barbariche e patriarcato.
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