Loro non sudano per guadagnarsi la prima fila. Sono invitati, e non hanno neanche una lunga carriera alle spalle. Succede anche a Milano. In questi giorni di sfilate sono stati lì, mezzi protagonisti. La loro arma è il Blackberry e a volte è irritante. I blogger conquistano le passerelle e i posti migliori, i sorrisi degli stilisti, le interviste dei giornalisti che intanto rosicano. Colleghi? Non si sa. Certo è che, a volte, con quel Blackberry rubano la seggiola a gente che bazzica sfilate da anni o da decenni, Milano-Parigi-New York e viceversa, da una stagione allaltra, da una collezione allaltra, unesperienza macinata e maturata che un «post» su internet non può cancellare.
Eppure un «post» di Bryan Boy, poco più che ventenne, oggi vale moltissimo: magari è un commento di poche righe, o soltanto una fotografia, ma il pubblico del web non può farne a meno. E gli stilisti lo invitano, prima fila ovviamente. È considerato la star e lui non nasconde lorgoglio: un «post» è linvito di Prada, un altro quello di Dolce&Gabbana. Gongola: «Amo voi entrambi». Litaliano è quel che è, ma per esempio la sua collega lombarda Chiara Ferragni scrive in inglese e in italiano senza problemi e i suoi capelli biondi spiccavano fra le prime file delle passerelle di questi giorni. È bella, è giovane, la intervistano pure, i couturier le chiedono di fare foto insieme nel backstage, che poi lei dispensa ai suoi lettori. Su theblondesalad.com racconta che alla sfilata di Frankie Morello ha incontrato i blogger più famosi, come Bryan Boy e Pelayo; che tutti stavano alloggiati nei posti migliori e, insomma, era una gran goduria, «una vera collaborazione fra il mondo della moda e quello del web».
Fra blogger e designer lamore è quasi sfacciato. Anche se nessuno vuol parlare di guerra fra i giovani di internet e i giornalisti del settore, anzi soprattutto le giornaliste o addirittura le direttrici con potere di veto, qualcosa è cambiato. Dolce&Gabbana hanno invitato quattro celebri firme del web, tutti loro amici giovanissimi. Era già successo a settembre e allora i due avevano chiarito così la situazione: «Li abbiamo fatti sedere in prima fila per dare un messaggio forte». A chi? Alle diavolesse della moda forse?
Una risposta ce lha Tavi Gevinson. Ed è quasi ovvio perché questa ragazzina americana che si comporta come una diva è stata spesso descritta come «poco modesta», almeno per la sua età. Cioè tredici anni. Ma di sbarazzino ha niente: occhialoni, vestitoni, cappelloni, pare - dicono - una vecchiettina. Ma Tavi finisce sul New York Times, e pure fra le prime file di New York e di Parigi, quindi chi ha ragione? Comunque per lei la guerra fra blogger e direttrici non esiste. «Blog e riviste sono due cose diverse, è come confrontare le mele con le arance». Conclusione: «Collaborazione, non competizione. Sempre». Sarà, ma qualcuno già la indica come lerede in miniatura di Anna Wintour.
Certo è facile parlare di collaborazione quando non devi sgomitare ma hai già una sedia in pole position, o quando Marc Jacobs ti dedica una borsa (vedi Bryan Boy). O quando Time ti nomina fra i cento più influenti nel mondo del design, come thesartorialist.com.
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