
Domani, quattrocentotrenta anni fa, il 26 maggio del 1595, moriva san Filippo Neri, noto e amato per i suoi scherzi, tanto da essere soprannominato il santo della Gioia, anche per il suo rapporto con i bambini. Perché ne parlo? Perché io l'ho conosciuto, abitandovi insieme, a Roma, e ogni anno celebrandone il miracolo, a Palazzo Massimo.
Roma era fumante, per il brutale sacco o saccheggio, bruciata ovunque, soprattutto intorno a Palazzo Massimo, che non esisteva ancora; c'era un palazzo di Pirro che guardava verso piazza Navona che, tra l'altro, non esisteva. Non esisteva piazza Navona perché non era stata ancora edificata nella sua forma attuale; non esisteva la chiesa di Sant'Agnese in Agone, non esisteva Palazzo Pamphilj. Non esisteva la stessa struttura della piazza. C'era però un odeon su cui era sorto un palazzo che, intorno al 1528-'29, era stato affrescato da Polidoro da Caravaggio e che tuttora si vede nella facciata posteriore di quello che è attualmente Palazzo Massimo alle Colonne, costruito invece sulla strada, su corso Vittorio, quindi dalla parte opposta.
Il palazzo è opera di uno dei più grandi architetti del Rinascimento, allievo di Raffaello, Baldassarre Peruzzi, senese, e la sua forma, peraltro con una facciata più estesa del volume complessivo della struttura, è curvilinea. È una facciata con le colonne di travertino e una serie di blocchi di pietra, che in realtà sono di stucco, così come io stesso ho voluto, nella illusione dei restauri. Il restauro della facciata è iniziato nel 2001, dopo una mecenatesca offerta di un gruppo privato. Essa appare una delle facciate più singolari e anche meglio restaurate di Roma, proprio perché questi blocchi di stucco fingono perfettamente la pietra, giocando e dialogando con il travertino delle colonne. L'interno ha due cortili di Rinascimento maturo, con una serie di continui intrecci fra l'antico e il moderno perché vi sono una quantità di epigrafi, lapidi, iscrizioni, sculture, sarcofagi, inseriti nella muratura per creare l'effetto di una continuità fra il mondo antico, il mondo romano e il mondo del Rinascimento.
D'altra parte Rinascimento questo vuol dire: ri-nascere. Cosa rinasce? Rinasce la Roma che era stata, rinasce la Roma antica, e nasce una Roma nuova che è degna di quella antica. Proprio a Palazzo Massimo il dialogo fra l'antico e il moderno raggiunge una identificazione di sensibilità tale da quasi faticare a distinguere l'uno e l'altro. Tanto il moderno si esempla sull'antico e tanto l'antico continua a vivere. Le sculture nelle nicchie, anche quelle nel portico meraviglioso d'entrata, che ha uno sviluppo totalmente raffaellesco, sono state restaurate con le integrazioni per sembrare perfettamente intatte.
Salendo al primo piano si vede un'altra loggia con degli affreschi successivi di Paul Brill, e poi si arriva al piano dove abitavo. Entravo, attraversavo una suggestiva veranda, e ci si avviava nelle stanze, una delle quali aveva le pareti rivestite di cuoio di Cordova, con una molto estesa decorazione, piuttosto rara anche in un interno domestico. Ma questo piano, che è il secondo piano nobile, è memorabile per una ragione diversa da quella dell'architettura, che si sviluppa, come abbiamo visto, in pieno Rinascimento. Qui c'è qualcosa che entra nella dimensione religiosa e simbolica: quello in cui ho abitato è un appartamento santo. È un appartamento in cui ha camminato, si è mosso ed è venuto in visita in numerose occasioni San Filippo Neri, che viveva poco lontano da Palazzo Massimo, nell'oratorio dei Filippini, memorabile per la facciata di Borromini e per la Chiesa Nuova con le bellissime pitture su muro di Rubens. Erano anni in cui Rubens era a Roma, inseguendo Caravaggio, che nel frattempo fuggiva per sottrarsi alla cattura dell'autorità giudiziaria.
Ma torniamo a Palazzo Massimo. Questo secondo piano nobile, oltre a essere nobile, è stato teatro di un miracolo.
Il 16 marzo del 1583 san Filippo venne informato della morte del piccolo Paolo, figlio del principe Fabrizio Massimo e di Lavinia de' Rustici. Il sacerdote - che aveva accompagnato la lunga malattia del bambino - accorse immediatamente nelle stanze dove io stesso ho abitato, per impartirgli l'estrema unzione. Entrato nella stanza provò dolore per non avere fatto in tempo a stare con Paolo nel momento del trapasso. Si sedette, così, accanto a lui, lo chiamò per nome e Paolo, prima cadavere, si risvegliò tra lo stupore generale.
Appena vide san Filippo, il ragazzo confessò un peccato che non aveva fatto in tempo a denunciare, si intrattenne circa mezz'ora con Filippo, che gli chiese infine: «Sei felice di morire?». Il ragazzo rispose di sì, poiché in quel modo poteva abbracciare la madre e la sorella, morte alcuni anni prima. Sentite quelle parole il santo pose una mano sulla testa del ragazzo e disse: «Va', che tu sia benedetto e prega Dio per me», e il ragazzo morì nuovamente.
Il 16 marzo di ogni anno in cui vi ho abitato l'appartamento del miracolo si apriva ai pellegrini, che attraversavano la veranda, le mie stanze, e giungevano infine alla Cappella, sempre chiusa, anche per me, e in quella occasione riaperta per
rinnovare il miracolo.Il 16 marzo, dunque, Filippo Neri, santo scherzoso, si faceva beffe del mio disordine, costringendo me e soprattutto Sabrina a liberare il percorso per lui, che tornava a casa insieme ai suoi devoti.
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