Il film del buonismo anni ’50 che non piace solo ai critici

Dopo il boom di Alice arriva Il piccolo Nicolas. Vuoto per la sinistra e asfissiante per la destra, ha venduto in Francia cinque milioni di biglietti

Il film del buonismo anni ’50 che non piace solo ai critici

Roma - Non si tratta di Sarkozy, più basso dopo le legnate prese nelle urne francesi, bensì d’un film per famiglie, che s’intitola Il piccolo Nicolas (esce il 2 aprile) e che in Francia è diventato un caso cinematografico,avendo richiamato oltre cinque milioni di spettatori. Si vede che il cinema per ragazzi, di quello meravigliosamente atemporale - privo cioè di divorzi, genitori che litigano, compagni di scuola pronti all’insulto, scioperi e altre cafonerie della vita quotidiana - torna di moda. Resiste in vetta, infatti, lo splendido Alice in Wonderland di Tim Burton, anch’esso tratto, come Le petit Nicolas di Laurent Tirard, da un classico per l’infanzia. E se noi italiani abbiamo disimparato a onorare i più bei libri, dedicati ai ragazzi (di fatto, non abbiamo una vera tradizione di classici per l’infanzia comparabile a quelle del resto d’Europa e se parli del deamicisiano Cuore si rivoltano gli stomaci), i francesi tengono molto ai loro miti di carta per piccini. Nasce così dal libro di René Goscinny (lo stesso autore di Asterix), deliziosamente illustrato dal disegnatore Jean Jacques Sempè, l’idea di trasportare sul grande schermo le avventure di Nicolas, bambino di otto anni, che ha un padre impiegato (Kad Merad, visto in Giù al Nord) e una madre casalinga (Valérie Lemercie), normali come lo sembravano i piccolo borghesi degli anni Cinquanta. Soffia, del resto, su cinquanta candeline e passa questo libro (da noi, per i tipi di Donzelli), pubblicato in Francia nel 1959 e costruito per capitoli (scuola, casa, genitori, amici, eccetera), che nel film diventano gustosi sketch, un tantino stucchevoli quando s’insiste sul tipico umorismo francese (spirito di patata, sul modello di quello tedesco). D’altronde, Il piccolo Nicolas è nato fuorimoda, in un certo senso, perché le circostanze di vita raccontate e gli ambienti descritti restano sospesi su un pianeta di buoni sentimenti, che adesso pare direttamente Marte. E proprio qui sta il bello (o il detestabile): magari, a Pasqua, questo «film insipido» (così Le Monde) e «asfissiante» (così il conservatorissimo Le Figaro), però ben scritto e senza troppe pretese, farà bingo anche al nostro box-office. Si vedrà. E comunque è simpatico che sia gli adulti sia i bambini possano trovare un po’ di pane per i loro denti. I primi, per esempio, si identificheranno nei numerosi fallimenti domestici, dei quali è lastricata la vita familiare (vedi il ricevimento, a casa, del capufficio di papà, con maman imbarazzata e sciocca); i secondi si ritroveranno in certe paure bambine (come quella di vedersi arrivare un altro fratellino, da figli unici e Nicolas lo è). Ma che cosa fa Nicolas, in novanta minuti di film? Va da casa a scuola e ritorno, gioca e fa baruffe con Alceste il grassone, Geoffroy il riccone, Cloraire il somaro e così via. Ma la piccola vita, ben inquadrata, del ragazzino Nicolas, subisce un’impennata quando questi, origliando i discorsi di papà e mamma, capisce che sta arrivando un bebè in casa. Apriti cielo. C’è perfino una fuga, fagotto in spalla.

«Sono cresciuto con Nicolas, perché da bambino leggevo i suoi racconti. Ho trovato i personaggi di Goscinny molto interessanti, perché situati su un doppio livello: ognuno ci si può riconoscere», spiega il regista, che girerà il quarto episodio della saga di Asterix, intitolato Asterix chez les Brétons.

«Un Asterix senza Depardieu? È possibile, anche se devo ancora definire il cast e conto di interpellarlo, comunque», chiarisce Tirard, intimidito dal can-can dei media francesi, puntuti quando si tratta delle quinte colonne nazionali. C’è che Anna Goscinny, la figlia dell’autore, ultimamente non ha gradito gli Asterix (con relativi flop), interpretati dal debordante Depardieu.

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