Un filmato svelò il caos in Argentina e Oceania Ma l’inchiesta della Procura di Roma fece flop

Milano. Le elezioni politiche del 2006 sono le prime in cui gli italiani possono votare all’estero per eleggere sei senatori e 12 deputati. Già nell’estate 2005 suonano parecchi campanelli d’allarme: i ritardi negli uffici dell’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) preposti alla raccolta delle iscrizioni e la penuria di fondi e personale nei consolati non lasciano presagire nulla di buono. La speranza è che quei consensi non siano decisivi sui risultati elettorali, ma al Senato (155 seggi alla Cdl, 154 all’Unione) sono determinanti proprio i 6 seggi degli italiani all’estero, dove l’affluenza è stata del 42,8% e da dove cominciano a giungere segnalazioni di disastri: scatoloni persi, diciottenni a cui è stato consentito di votare per il Senato, 38.500 schede sparite in Svizzera. Si fa strada anche il sospetto di brogli nei conteggi avvenuti nei magazzini di Castelnuovo di Porto. Il clima di anarchia che regna nei seggi all’estero emerge anche dalle testimonianze da Argentina e Australia. Una telecamera del canale satellitare Cult svela un colloquio tra Mirella Giai (esponente dei Ds, in un primo momento vincitrice in Argentina) e un dirigente della Quercia, che tenta di impedirle un ricorso contro Edoardo Pollastri (Margherita), dichiarato eletto al suo posto dopo il riconteggio: «Noi abbiamo interesse a non muovere una paglia».

Nel luglio 2007 scoppia invece il caso Oceania, dopo che sul sito di Repubblica compare il video girato da Paolo Rajo, candidato Udeur in Australia, in cui si vedono ragazzi indaffarati a compilare schede in un garage. Pochi giorni dopo verranno trovate nei cassonetti dell’immondizia di Sydney 6mila schede col voto all’Udeur. La Procura di Roma aprì un’inchiesta, ma senza esito.

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