Filosofo, politologo, architetto: tagliò le spese dello Stato e costruì la vera Washington

Non esiste un solo Thomas Jefferson. È stato tutto: avvocato, architetto, letterato, filosofo, politico. Ma soprattutto uno dei più importanti presidenti degli Stati Uniti. Uno dei più poliedrici. A lui si deve l'idea stessa degli Stati Uniti d'America. Lui è l'America. È stato il principale autore della Dichiarazione d'indipendenza. Un mostro dell'Americanismo al quale per essere eletto servirono 36 scrutini. Già, perché la sua elezione del 1800 fu la prima che mise in evidenza alcune pecche del sistema elettorale americano: lui e il suo rivale Aaron Burr ottennero gli stessi voti elettorali. A quel punto il sistema prevedeva che fosse la Camera a votare per trovare il presidente: per avere un risultato valido ci vollero appunto 36 scrutini.
Alla fine la spuntò Jefferson che arrivò alla Casa Bianca. Washington, quindi. Ecco. Qui c'è molto di Jefferson, nella capitale e nella novità che la città portava con sé: non era solo urbanistica, ma era politica. Washington di fatto nacque con Jefferson: all'inizio della sua presidenza la città aveva neanche tremila abitanti e non era che un villaggio in costruzione. Jefferson amava la semplicità classica e la sobrietà totale: impose alla cittadina e all'apparato della presidenza il suo stile. Il giorno del suo insediamento, il presidente andò e tornò a piedi in Campidoglio rifiutandosi di salire in carrozza. Dettagli? Forse. Per l'America, però, quella fu la nascita del repubblicanesimo liberale che metteva al centro la politica. Jefferson abolì molti ricevimenti, abbattè il protocollo e ogni regola che avesse anche una sola parvenza di ricordi monarchici. Lo sfarzo era irrilevante anche per lui che fu il primo vero presidente miliardario della storia.
Ci sono molte cose per le quali la presidenza Jefferson merita di essere ricordata. Uno potrebbe scegliere qualunque di queste senza sbagliare. Ne scegliamo due che sono due capisaldi dell'America: la decisione di scoprire che cosa ci fosse a Ovest, con la spedizione di Lewis e Clark. E la grande campagna, la prima, per l'abbattimento del debito pubblico. Due cose molto repubblicane, due cose molto liberali. Lewis e Clark furono incaricati di esplorare una via navigabile che portasse dall'entroterra alla costa pacifica. Durante questa spedizione (1804-1806) fu scoperto il passaggio a Nord-Ovest. E da lì cominciò la corsa al West. Per i critici questa fu anche l'inizio dell'oppressione dei nativi americani. Vero. Però con quella spedizione l'America scoprì se stessa e resta un punto fermo della storia degli Stati Uniti e del loro spirito. Lo stesso vale per la lotta al debito pubblico: la neonata Repubblica americana aveva già accumulato 85 milioni di dollari di debito per alimentare le spese per l'indipendenza. Jefferson riteneva che fosse una stortura del sistema e riuscì ad abbatterlo fino a 45 milioni. Non è l'unica cosa che lo rimanda ai giorni nostri: Jefferson inventò di fatto il legittimo impedimento ante-litteram. Nel 1807 fu convocato in tribunale per testimoniare in un processo per alto tradimento intentato contro Aaron Burr, il suo vicepresidente accusato di aver cospirato per indurre alla Secessione gli stati dell'Ovest.

«I miei supremi impegni nei confronti della nazione», scrisse ai giudici, «mi impediscono di venire a Richmond per rilasciare la mia testimonianza». Inviò i documenti che la difesa di Burr aveva chiesto e non si presentò. Il suo ex vice fu assolto.

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