Finanza sostenibile

La finanza sostenibile mette il turbo all’efficienza energetica

I green bond hanno raggiunto quota 389 miliardi di euro. Mercati sempre più attenti al rispetto dell’ambiente

La finanza sostenibile mette il turbo all’efficienza energetica

La finanza sostenibile sarà determinante per accellerare la partita connessa all’efficienza energetica e alla tutela delle risorse ambientali. Una dinamica che si impone come necessaria alla luce delle crescenti tensioni sulle quotazioni del metano, del petrolio e delle principali commodities: la grande famiglia di beni che raduna il rame, l’alluminio, il nichel e tutti i componenti utilizzati dai vari comparti industriali. Realtà in cui le tensioni hanno fatto schizzare verso l’alto i costi di produzione e reso di somma difficoltà la programmazione nel medio periodo. Il mercato dei green bond continua a crescere e a detenere la quota maggiore delle obbligazioni “verdi” a livello globale. Nonostante un aumento, nell'ultimo anno, del peso relativo dei social bond, i green bond costituiscono, nel 2021, il 65% degli Esg, per un valore di 389 miliardi di euro. Valori di tutto rispetto che sono in forte crescita anche a Piazza Affari. Le società attive sulla scena milanese hanno infatti agito sulla scia del trend internazionale anche perché i prodotti finanziari sostenibili stanno dimostrando di avere rendimenti superiori rispetto al resto delle alternative scambiate sui listini.

Mercati e investitori spingeranno le società quotate a dare sempre maggiore importanza alla riduzione delle emissioni, al riuso dei materiali e persino alle performance degli edifici all’interno dei quali sono ospitate linee produttive e uffici. Una tendenza già in atto: i board delle grandi multinazionali e delle aziende quotate sulle principali piazze internazionali sono tenuti ad informare i mercati in merito al rispetto dei canoni della sostenibilità economia e sociale: i cicli della produzione – dall’acquisizione delle materie prime allo smaltimento dell’invenduto – devono essere organizzati in modo da avere il minor impatto possibile. Le responsabilità dei grandi player del mercato possono essere anche indirette: a seconda dei business è necessario anche spiegare a fondi e piccoli azionisti anche perché si è ritenuto di scegliere un fornitore piuttosto che un altro. Una sfida che ha già costretto a modificare il proprio approccio rispetto a tematiche che sino a ieri venivano gestite con un approccio routinario.

La determinazione degli azionisti e delle società di rating attive nella misurazione delle variabili connesse alla salvaguardia dell’ambiente potrà determinare anche un effetto sul medio e lungo periodo. Le grandi società avranno infatti necessità di acquistare e gestire tecnologie per limitare l’utilizzo di energia elettrica o gas naturale. Beni e servizi che, con tutta probabilità, saranno sottoposti a tutela brevettuale e quindi in grado di sostenere la ricerca e lo sviluppo di standard di tutela sempre più elevati. Un ecosistema votato alla tutela ambientale che sarà perfettamente in grado di attirare investimenti e capitali. È facile ritenere che l’Europa sarà in grado di arrivare prima rispetto a realtà dove le tematiche ambientali vengono considerate in maniera meno impattante: Stati Uniti, Cina e India su tutti. Una dinamica che finirà per ripercuotersi anche all’interno delle piccole botteghe artigiane.

Tutti saranno chiamati a valutare il rendimento dei propri investimenti prestando la massima attenzione al reale rispetto delle risorse naturali.

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