Sotto il tacco del Fisco per 10 anni: cosa si rischia

I tempi di conservazione dei dati del cittadino che dovesse finire sotto la lente del Fisco si prolungherebbero fino al almeno 10 anni

Sotto il tacco del Fisco per 10 anni: cosa si rischia

Il Pnrr è pronto ad introdurre un evidente squilibrio per ciò che concerne la gestione e l'utilizzo dei dati sensibili tra il contribuente ed il Fisco.

Se da un lato, infatti, i dati degli italiani potranno finire sotto la lente dell'Agenzia delle entrate fino anche ad oltre 10 anni, a seconda di quella che sarà definita in modo unilaterale "situazione a rischio", dal canto suo il Fisco potrà godere di una sempre maggiore riservatezza. Finiranno, per l'appunto, con l'essere interdetti il diritto di accesso documentale nonché quello civico generalizzato relativo alle tecniche, ai criteri ed alle modalità finalìzzate proprio a determinare l'analisi di rischio.

Meno privacy per gli italiani

Tra le misure specificamente indicate dal Mef con lo scopo di dettare le linee da seguire nei prossimi anni , infatti, rientra anche lo sviluppo delle attività finalizzate alla cosiddetta "analisi di rischio", con una forbice temporale che sarà ampliata fino ad includere oltre 10 anni di conservazione dei dati del contribuente. Un prolungamento che non riguarda assolutamente i termini di notifica per gli avvisi di accertamento, bensì nello scpecifico il tempo relativo alla conservazione ed all'utilizzo dei dati fiscali del cittadino.

Il lasso di tempo relativo al mantenimento di tali dati potrebbe essere differenziato e varcare facilmente anche il limite dei 10 anni. L'analisi di rischio preliminare dovrebbe consentire all'Agenzia delle entrate di disporre di tale documentazione per un minimo di 10 anni a decorrere dal 31 dicembre dell'anno di contestazione. Tuttavia le informazioni relative agli italiani già considerati "a rischio" dal Fisco potrebbero essere a disposizione più a lungo, visto che la base cronologica scatterebbe dal momento della ricezione dell'invito a regolarizzare i propri debiti, del processo di constatazione oppure addirittura fino alla ricezione di un provvedimento impositivo. Ciò significa, in concreto, andare oltre i citati 10 anni prima di vedere eventualmente "cancellati" i propri dati.

I dati sotto la lente

Di che documenti si parla nello specifico? Si tratta essenzialmente di tutte quelle informazioni conservate nell'archivio dei rapporti finanziari gestito dall'anagrafe tributaria: tale database contiene i dati relativi ai singoli conti correnti o agli eventuali altri rapporti finanziari del contribuente, nonché ad ogni singola informazione derivante dall'utilizzo di bancomat o carte di credito. Relativamente a queste ultime, il Garante della privacy avrebbe posto dei paletti, ritenendo non analizzabili i dati relativi alla descrizione dell'operazione oggetto di fattura, come ad esempio natura, qualità e quantità dei beni o dei servizi fatturati.

Il Mef, tuttavia, è pronto ad andare oltre, ritenendo rientranti nell'annovero delle mansioni di controllo consentite anche le verifiche sulle "operazioni attive" (vale a dire la ricerca di una coerenza tra merce ceduta, importo della transazione e correttezza dei regimi fiscali adottati) e su quelle "passive" (ovvero omesse imputazioni di costi e rilevazione giacenze magazzino).

E il Fisco?

Come specificato dal Mef nel suo documento, l'occasione sarebbe propizia anche per moderare le esigenze di trasparenza dell'amministrazione finanziaria (compresa la possibilità di accedere ai documenti amministrativi specifici), privilegiando invece il principio di tutela del segreto investigativo e d'ufficio.

Si potrebbe, quindi, dire addio al diritto di accesso documentale ed a quello di accesso civico relativo alle informazioni sulle modalità con cui il Fisco stabilisce i criteri selettivi nonché quelli utilizzati per definire la cosiddetta "analisi del rischio".

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