Roma Tempi e impegni rispettati. La manovra da 5,8 miliardi, composta dalla legge di stabilità e da quella di bilancio, è stata approvata definitivamente al Senato con 161 sì, 127 no e cinque astenuti. Hanno votato sì, oltre al Pdl e alla Lega, anche i senatori di Fli «per senso di responsabilità», mentre l’altro pezzo del terzo polo, l’Udc e l’Api di Francesco Rutelli, si è espresso per il no, insieme al Pd. Un pezzo di Mpa si è astenuto, mentre Vincenzo Oliva non ha partecipato.
È stato accolto l’invito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per un’approvazione veloce della manovra e, soprattutto, ha retto l’accordo tra il governo e le opposizioni sul calendario dei lavori, che ha comportato anche un rinvio del voto sulla riforma dell’Università. Ma i punti di contatto tra esecutivo e centrosinistra si sono estesi anche al merito dei temi toccati dal provvedimento, con l’accoglimento di una proposta del Pd. In particolare, tra le novità del rush finale, c’è il ritorno dei fondi per il cinque per mille, con il ripristino dei 400 milioni vincolati a favore degli enti socialmente rilevanti. Il mezzo per farli tornare non è un emendamento (una modifica della legge avrebbe comportato un nuovo passaggio alla Camera e per questo il passaggio a Palazzo Madama è avvenuto senza nessuna modifica dei testi approvati da Montecitorio), ma un ordine del giorno che impegna il governo a destinare «ulteriori 300 milioni di euro» per il 5 per mille, in aggiunta ai 100 milioni già previsti. L’ordine del giorno è stato presentato dal Pd e accolto dall’esecutivo che dovrebbe tradurlo in legge con il primo provvedimento utile, probabilmente il milleproroghe. Il sottosegretario all’Economia Luigi Casero si è detto disponibile ad accogliere anche la proposta dei senatori delle opposizioni relativa alla «dismissione del patrimonio pubblico» e «la razionalizzazione degli uffici territoriali»; «Scelte forti che dobbiamo fare tutti, che deve fare il Paese». Accolto anche un ordine del giorno, questa volta del Pdl, che prevede la proroga del termine per la regolarizzazione degli immobili fantasma che potrebbe essere rinviato di un anno, cioè fino al 31 dicembre 2011.
Le posizioni sono comunque rimaste distanti. In particolare è proseguita la polemica sull’«inadeguatezza» della manovra. Pd e Udc hanno sottolineato la necessità di un’altra manovra che, secondo il senatore Gianpiero D’Alia, presidente del gruppo Udc a Palazzo Madama, potrebbe arrivare fino a 45 miliardi, ma che ieri l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco ha previsto sarà di 7 miliardi.
Casero, auspicando una veloce approvazione della legge, ha sottolineato come la legge di stabilità e di bilancio, ci permetterà di «presentarci in Europa con una situazione di conti in ordine e una situazione di forze del Paese nei confronti degli altri paesi Ue». Respinto l’ordine del giorno presentato da Italia dei Valori che chiedeva misure per contrastare la «ludopatia», cioè la dipendenza da gioco. Un riferimento ad una delle poste di copertura della manovra (che comprende anche il maxiemendamento allo sviluppo), cioè una stretta sui giochi da 1,7 miliardi, che si aggiunge all’asta per le frequenze che porterà 2,4 miliardi.
Soddisfatto il presidente del Senato Renato Schifani, in particolare per il rispetto del termine del 7 dicembre. «Giorni fa - ha spiegato subito dopo il sì dell’Aula - in occasione dell’importante incontro al Quirinale con il presidente della Camera chi vi parla ha assunto un importante impegno: che la legge di stabilità fosse votata entro questa settimana. L’impegno è stato mantenuto e non posso che ringraziarvi per non aver fatto fare una cattiva figura».
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