Economia

La finanziaria della famiglia Agnelli spiega quali sono stati tempi e modi che hanno permesso di mantenere al 30% la quota di capitale nel Lingotto Fiat: per Ifil «un’opportunità irripetibile» Le risposte alle richieste della Consob: l’operazione ide

Ecco i punti interrogativi ancora aperti dopo i chiarimenti della holding

La finanziaria della famiglia Agnelli spiega quali sono stati tempi e modi che hanno permesso di mantenere al 30% la quota di capitale nel Lingotto Fiat: per Ifil «un’opportunità irripetibile» Le risposte alle richieste della Consob: l’operazione ide

Paolo Stefanato

da Milano

Alcune date chiave. Il 26 aprile 2005 è il giorno in cui Exor pattuisce un equity swap con Merrill Lynch, scadenza 26 dicembre 2006. Il titolo Fiat è ai minimi, a 4,7 euro, e la società controllata dalla Giovanni Agnelli sapa decide di scommettere su una crescita delle quotazioni. L’8 settembre 2005 l’Ifil investments incarica Gerardo Braggiotti di assisterla nell’operazione di acquisto di azioni Fiat da Exor. Il 15 settembre Exor e Merrill Lynch modificano i termini del loro contratto e prevedono - accanto al versamento della differenza di prezzo da parte di chi avrà perso la scommessa - il trasferimento fisico dei titoli come modalità alternativa di chiusura dell’operazione. Lo stesso giorno avviene la chiusura anticipata dello swap, ed Exor acquista da Merrill Lynch 82,25 milioni di azioni Fiat al prezzo di 5,6 euro l’una. Lo stesso giorno Ifil vende a Merrill Linch i suoi diritti d’opzione derivanti dall’aumento di capitale Fiat. Lo stesso giorno ancora, Exor vende a Ifil il pacco di azioni a 6,5 euro ciascuna (prezzo calcolato sulle medie a 3 e 6 mesi, rispettivamente di 6,9 e 6,1 euro), realizzando una plusvalenza di 74 milioni, e conservando una parte residua dell’equity swap per 7,75 milioni di azioni Fiat alle condizioni originarie (circa lo 0,75% del capitale).
Ecco, in sintesi, alcuni dei passaggi più delicati della complessa operazione che il 20 settembre vedrà Ifil ridurre e contestualmente ricostituire la sua quota del 30,06% nel capitale Fiat: sono alcune delle precisazioni fornite ieri al mercato in seguito alla richiesta formulata venerdì dalla Consob. Aggiungiamo alcune chiavi interpretative: se l’equity swap fosse stato fin da aprile pattuito in azioni e non in contanti, si sarebbero probabilmente create le condizioni per un’Opa. Se Ifil non avesse venduto i suoi diritti d’opzione prima dell’aumento, avrebbero nuovamente potuto crearsi i presupposti per un’Opa. Mantenere la quota del 30,06, permette all’Ifil di avere mano libera per ulteriori acquisti non superiori al 3% all’anno senza obbligo di Opa; mette inoltre nelle condizioni qualunque eventuale contendente che voglia superare tale quota di controllo, di dover salire sopra il 30%, e quindi di dover lanciare l’Opa: si tratta di uno sbarramento ulteriore.
L’equity swap ha visto impegnata Exor (e non Ifil) in quanto non quotata, e quindi non soggetta a obblighi di informazione; inoltre Exor è controllata dalla Giovanni Agnelli per il 70%, e quindi la notevole plusvalenza realizzata entrerà più rapidamente nelle casse della famiglia Agnelli, che invece «divide» con il mercato l’esborso dei 535 milioni, poiché Ifil è controllata «solo» al 63,6%. Va anche detto che l’altro 30% di Exor è dell’Ifi, il cui capitale ordinario appartiene totalmente all’accomandita.
La nota esplicativa di Ifil parla, come presupposti per un impegno di questo rilievo, di «opportunità irripetibile», di affermazione di «ruolo di presidio attivo della partecipazione Fiat», e sottolinea il miglioramento operativo e tecnologico della Fiat.

Ifil, dopo tale acquisto, avrà in cassa ancora 350 milioni di liquidità.

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