da Milano
Gianmario Roveraro non è solo. Questa è una delle poche certezze in mano agli investigatori. La prova è nella difficoltà di «tracciare» le telefonate fatte a moglie e collaboratori, usando sistemi informatici assolutamente sconosciuti al banchiere milanese che saprebbe a mala pena digitare un numero sul cellulare. Una certezza che porta direttamente al sequestro di persona. Ma un sequestro talmente anomalo da far dichiarare a Giuseppe Corigliano, portavoce dellOpus Dei, di cui il finanziere faceva parte: «Il rapimento è sicuramente legato ai suoi affari». Del resto a dieci giorni di distanza dalla sua scomparsa, nessuno pensa più allallontanamento volontario. È un sequestro di persona. Il problema è semmai quale tipo di sequestro. Troppe le stranezze. Allora riandiamo alle tappe fondamentali delle vicenda. Mercoledì 5 Roveraro, 70 anni, rimane nella sede delle sue società in piazzetta Liberty 8, pieno centro storico, fino a tardo pomeriggio. Si trasferisce quindi in un centro Opus Dei in Largo Crocetta 7 per partecipare a un incontro spirituale. Esce verso le 21.30 e sparisce nel nulla.
Verso le 2 di notte chiama la moglie per rassicurarla che sta bene e che tornerà presto. Altra telefonata giovedì mattina allufficio di piazzetta Liberty per farsi spostare alcuni appuntamenti e nuovamente alla moglie, per precisare che si trova in Austria. Ma ogni volta che la donna prova a richiamare il marito, trova il cellulare spento. Un particolare che, unito al comportamento inusuale del marito, preciso, puntuale, meticoloso, abituato allordine e alla programmazione e non certo alle partenze notturne per lestero, porta la signora Roveraro a chiamare lavvocato Domenico Contestabile e a presentarsi insieme con lui alle 18 dai carabinieri per sporgere denuncia di scomparsa.
Venerdì mattina le ultime telefonate. Sempre alla moglie, per rassicurarla, e al commercialista per chiedergli di smobilitare un milione di euro in titoli. Richiesta confermata con un fax, da lui firmato, apparentemente partito dal numero di una fiduciaria di Lugano con cui Roveraro ha avuto rapporti di lavoro. Il commercialista allarmato per la irritualità della richiesta avverte la moglie che torna dai carabinieri. A questo punto partono le indagini per sequestro di persona con relativo blocco dei beni. Ma gli investigatori quando iniziano a lavorare sulle telefonate scoprono che non sono facilmente rintracciabili. I sistemi sono molti: usare Internet oppure linee acquistate in Paesi del Terzo Mondo dove i controlli sono piuttosto complessi. Ma Roveraro non li sa usare, spiegano familiari e amici: «Lui sa a mala pena digitare un numero sul cellulare». Dunque il banchiere è di sicuro, volente o nolente, in compagnia di qualcuno che lo «assiste» tecnicamente nelle chiamate.
Chiamate che al momento rimangono comunque lunica pista in mano agli investigatori, anche se non sarà facile sbrogliare la matassa «elettronica» tra browser, server, VoIP, skype, ip. Per esempio, il fax con la conferma della richiesta di spostamento del denaro, inizialmente sembrava spedito da Lugano. Gli investigatori si sono subito recati in Svizzera scoprendo che la società risultava completamente estranea alla vicenda: i sequestratori si erano «semplicemente» inseriti nella loro linea. Dunque un sequestro di persona, ma estremamente anomalo. Strana la richiesta di un milione di euro, quando da Roveraro si poteva ottenere di più. Inconsueto la scelta del banchiere, piuttosto uno dei tre figli o la moglie. Ingenua la richiesta di 1 milione fatta al commercialista, che anziché risolvere, fa precipitare la situazione. Potrebbero essere sequestratori improvvisati, come quelli che rapirono Fabio Tacchinardi, Milano, febbraio 2000, liberato dopo tre giorni, o di Annamaria Valdata, Pavia, giugno 2004, a casa dopo quattro giorni. Ma le conoscenze informatiche dei sequestratori e la maggiore durata durata del rapimento, lasciano aperte altre ipotesi.
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