Economia

Fincantieri chiude due impianti e taglia 2.500 posti

Si apre ufficialmente la crisi di Fincantieri, il gruppo guidato da Giuseppe Bono che intende tagliare 2.550 posti di lavoro su 8.500, chiudere due cantieri e ridurre l’attività di un terzo sito. Il tutto per fronteggiare la difficile situazione che accomuna tutti i cantieri europei, afflitti dalla sovracapacità produttiva e dalla concorrenza internazionale. Immediate le proteste sindacali e politiche, con in prima fila la Fiom e i partiti di sinistra, che incolpano il governo di «stare alla finestra», pur sapendo che un confronto al ministero dello Sviluppo economico può partire solo quando l’azienda presenta un piano industriale definitivo. Tra l’altro, sono stati i sindacati e il precedente esecutivo ad aver affondato la prevista quotazione in Borsa di Fincantieri e la sua privatizzazione; seguite da una ristrutturazione che, condotta nel momento in cui la domanda del mercato militare e civile era al massimo, sarebbe risultata molto più facile di oggi. Fincantieri ha cercato comunque di internazionalizzarsi, acquistando i cantieri statunitensi di Marinette Marine (che sono in utile) e in questi giorni sta concludendo la trattativa per i canadesi di Davie. Operazioni mirate essenzialmente a conquistare una fetta del mercato militare statunitense (con potenzialità di export attraverso i contratti patrocinati da Washington) e di quello canadese che da solo vale 35 miliardi di dollari. Però il militare, pur producendo utili, pesa per il 30% dei ricavi di Fincantieri. Il resto deriva dalle attività civili e in particolari dalla costruzione di navi da crociera. Settori dove i margini non esistono o sono addirittura negativi a causa della concorrenza e della inefficienza dei cantieri italiani.
Fincantieri ha proposto di chiudere due cantieri (Castellamare di Stabia e Sestri Ponente) e di spostare a Muggiano gran parte delle attività militari di Riva Trigoso. A protestare sono innanzitutto i liguri, incuranti dell'assurdità industriale di avere tre cantieri in un arco di 70 chilometri. Il gruppo assicura che il piano proposto è una base di trattativa ma in realtà, per essere efficiente, gli 8 cantieri italiani dovrebbero essere dimezzati. Il ministro dello Sviluppo Paolo Romani, garantendo l’impegno del governo, ha annunciato che convocherà le parti per avviare un confronto che porti a una «soluzione condivisa».

E si spera che si sblocchino le commesse militari che possono dare una boccata d’ossigeno, visto che sul fronte delle costruzioni mercantili per 3-4 anni c’è poco da fare.

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