Fincantieri «divorzia» da Confindustria

(...) Giuseppe Bono, e spedita a metà dicembre, che preludeva alla sospensione delle quote di Genova (oltre che di Gorizia). Un «risparmio» per Fincantieri, di circa 340 mila euro. Ma non è certamente questo l’obiettivo della decisione: troppe le coincidenze (e le frizioni) che si sono verificate negli ultimi mesi tra la società cantieristica - 2.227 dipendenti nella provincia di Genova e 1.650 nella provincia di Gorizia - e l’associazione territoriale. Tanto per dire: a Genova, la lettera di Bono è stata inviata al presidente degli industriali Giovanni Calvini qualche giorno dopo la nomina di due manager Finmeccanica alla carica di vicepresidenti di Confindustria. Una nomina che, secondo alcune fonti, avrebbe preso di sorpresa Giuseppe Bono: i vertici di Fincantieri, grandi elettori di Calvini alla nomina di presidente, non sarebbero stati infatti avvisati della scelta. Un problema di forma, ma giudicato evidentemente anche di sostanza, pur se risulta che quelle poltrone poco interessavano ai vertici di Fincantieri.
Nel corso della giornata di ieri, comunque, la società cantieristica ha cercato di ridimensionare in parte lo «scontro»: la decisione di Fincantieri di smettere di versare la quota - ha aggiunto il portavoce dell’azienda - non si riferisce a «mere diatribe interne a Confindustria o contese per poltrone che non ci interessano. Anzi, nella lettera inviata al presidente Calvini si esprimeva la piena stima nei confronti dei due nuovi vicepresidenti della locale associazione». Ma il «gradimento» non smentisce il disagio per il fatto che Bono e Fincantieri non sono stati preventivamente interpellati.
«È un episodio preoccupante - sottolinea il vicesegretario nazionale dell’Ugl metalmeccanici, Laura De Rosa -. Questa scelta, però, non ha alcuna analogia con il caso Fiat, perché non nasce da problemi tra aziende e sindacati ma da questioni esclusivamente interne a Confindustria». Diversa l’interpretazione del segretario della Fiom Cgil di Genova, Bruno Manganaro, secondo cui «la decisione di Fincantieri ci preoccupa, nonostante le dichiarazioni aziendali che presentano tale scelta come un fatto locale. È evidente - insiste Manganaro - che questo accade mentre Fiat esce dal Contratto nazionale e abbandona Confindustria». Non basta: a giudizio del segretario della Fiom Cgil, «come non ripensare alle dichiarazioni di alcune settimane fa dell’amministratore delegato Bono che inneggiava al “metodo Marchionne“? Sarà un caso ma è difficile credere alle coincidenze - conclude Manganaro -.

In ogni caso i confronti locali sui cantieri di Sestri Ponente, Riva Trigoso e Sede, oltre al più grande cantiere italiano, Monfalcone, non saranno più assunte nell’ambito di Confindustria. Se si tratti di una modifica solo formale o anche sostanziale, lo vedremo in seguito».

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