Fincantieri e il partito del no Tutti i nomi, dal Pd alla Fiom

(...) Un partito che ha anche qualche sparuto simpatizzante nel centrodestra, ma che ha il suo habitat naturale a sinistra. Non a caso, i più strenui oppositori della quotazione in Borsa di Fincantieri sono larghi settori della Fiom, i metalmeccanici della Cgil. Una confederazione, quella di Epifani, che - come già successe con Cofferati - tende sempre più a porsi come contropotere politico: dalla trattativa sull’Alitalia a quella sui rinnovi contrattuali, passando per l’appunto da Fincantieri. Con Cisl, Uil e Ugl sulla sponda del fare sindacato e la Cgil, sempre più spesso, su quella del fare politica con il sindcato.
Ma le frontiere del partito del no, non si fermano alla Fiom. Penso, ad esempio, ad alcuni settori del Pd. Ancora l’altro giorno, in consiglio provinciale, era iscritta all’ordine del giorno una mozione del democrat Simone Pedroni dal titolo «sulla paventata privatizzazione e quotazione in Borsa di Fincantieri». Lascio il giudizio sulle parole al dizionario dei sinonimi: «Paventato: deprecabile, sventurato. Vedi anche: deprecato, increscioso, indesiderabile, ingrato, sgradevole, sgradito, spiacevole, temuto, dannato, doloroso, luttuoso, malaugurato, maledetto, rovinoso, triste». La mozione, ribadisco, è presentata da un consigliere del Pd, quella che dovrebbe essere la sinistra moderna e riformista.
Non mancano poi in questo partito, come potrebbero mancare?, gli «intellettuali». A tal proposito, segnalo la risposta a un lettore dello scrittore Maurizio Maggiani apparsa sul Secolo XIX di lunedì. Occorre dare atto al Secolo di non essere tutto appiattito sulla linea di Maggiani: penso, ad esempio, alla linea di Gigi Leone - in questo momento il più autorevole commentatore di piazza Piccapietra, autorevole persino fisiognomicamente quando partecipa a dibattiti e convegni - che ha sostenuto idee assolutamente in linea con le nostre. Per di più, ben scritte. Il che non guasta mai.
Lo scrittore Leone, la pensa così. Lo scrittore Maggiani, intellettuale, invece scrive: «Mi chiedo se con l’aria che tira in giro per le Borse del mondo, anche a essere assetati di soldi pronta cassa, anche a essere degli scriteriati, anche a essere dei marpioni, anche a voler fare o restituire un grosso favore a chicchessia, c’è qualcuno in questo Paese, od ovunque nel mondo, che possa prendere seriamente in considerazione l’idea di mandare a giocarsi la vita nel Giro della Morte, uno dei rari splendenti gioielli dell’industria italiana. La Fincantieri gode di ottima salute, chiude con attivi più che lusinghieri, è in grado di reperire sul mercato i soldi che vuole, ma ha il difetto di essere pubblica. Ovvero un’anomalia ingiustificabile per chi pensa che il pubblico sia il cronicario di fannulloni e incapaci dissipatori.

No, credo che si aspetterà un pochino prima di gettare Fincantieri nell’arena del Colosseo dove stanno sbavando in trepida attesa ferocissimi leoni, per dirla con l’economista Napoleoni».
Claudio Napoleoni, economista marxista. Appunto.

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