Roma «Comunque vada sarà un successo». Immancabili come i sermoni antiberlusconiani di Travaglio, questa sera s’intoneranno i primi canti di vittoria post elettorali. Lo faranno tutti: destra, sinistra, centro, grandi, piccoli, fedeli al precetto del «Visto? Avevamo ragione noi...». Il torto non abita nelle segreterie dei partiti e così sarà il solito, stucchevole, corale, inno alla gioia.
Esulterà il Pdl che difficilmente farà peggio del 2005. Delle tredici Regioni al voto, allora finì undici a due per il centrosinistra: strapparne anche solo una all’avversario consentirà lo sberleffo del «la gente ha capito che non siete capaci di governare». Cromaticamente l’Italia, dal prevalente vermiglio, sarà sempre più cobalto: olé. Non solo: il Popolo della libertà godrà contando le teste, il numero di elettori conquistati, le bandierine piazzate sulle Regioni più o meno popolose: perché un conto è conquistare la Basilicata con i suoi 557mila elettori, un conto riaffermarsi in Lombardia (che di elettori ne ha 7 milioni 643mila) o strappare il Lazio che ne ha 4 milioni 621mila. I berlusconiani sorrideranno anche sulle percentuali visto che, prendendo come riferimento le ultime regionali, la somma di Forza Italia e Alleanza nazionale aveva dato un 29,3%: sarà sufficiente superare questa soglia per dire «ho fatto gol».
Sarà raggiante anche la Lega, sulla carta in grado di fare il pieno al Nord, zona più ricca, popolosa e trainante del Paese. Scontata la vittoria in Veneto, dove sarà il loro Zaia a governare, potranno andare in visibilio qualora il Carroccio, proprio in Veneto, sorpasserà il Pdl: eventualità più che plausibile. Se poi Cota dovesse mandare a casa una big come la Bresso in Piemonte, per Bossi sarebbe l’apoteosi. Se non dovesse essere così, anche il Senatùr potrebbe festeggiare comunque vada: basterà confrontare le percentuali 2005/2010 e il gioco è fatto. Allora la Lega si assestò a un infelice 5,6%.
Se il centrodestra riderà, il centrosinistra piangerà? Macché: vedremo gongolare pure Bersani, di certo impegnato a minimizzare la perdita di molte Regioni, oggi governate dai suoi. Dimostrerà che il modello della sinistra è valido perché Emilia, Toscana, Umbria e Marche resteranno rosse. Se poi dovesse confermarsi pure in Liguria, Piemonte, Basilicata e Lazio, beh... «Abbiamo vinto noi! Governiamo più Regioni di loro, la partita è finita otto a cinque, tiè». Se poi il leader del Pd dovesse rapportarsi alle ultime elezioni, vera e propria débâcle sinistrorsa, per lui sarebbe gioco facile brindare a champagne: «Alle scorse europee abbiamo preso il 26,1%, ora stiamo crescendo, il trend è positivo è partita la rimonta, evvai...». Un risultato che, in proiezione, dovesse portare la percentuale al 30, sarebbe euforia pura.
Di sicuro vedremo l’estasi di Casini che, furbescamente, ha piazzato le sue pedine in appoggio al candidato più forte, almeno sulla carta. Verosimilmente potrà dire «ho vinto» in Liguria, nelle Marche e in Basilicata (dove corre a fianco del centrosinistra) ma anche in Campania e in Calabria (dove lo fa a fianco del centrodestra). Così fanno già cinque Regioni quasi certamente amministrate. Se poi dovesse essere determinante nelle Regioni in bilico come Lazio e Piemonte, per il leader centrista sarebbe l’apoteosi del «senza il centro non si governa, sono io l’ago della bilancia, addio bipolarismo». Se poi la percentuale dovesse assestarsi attorno al 5/6 per cento, Pierfurby potrebbe pure festeggiare il trionfo della premiata politica dei due forni.
Anche Di Pietro reciterà la parte del Tonino trionfante: per lui sarà sufficiente mettere a fianco la pila di schede ottenute oggi con quelle delle scorse regionali e dire: «Cresciamo a vista d’occhio», visto che all’epoca raggranellò un misero 1,4%.
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