«Caro Onorevole, in riferimento alle vivissime premure che mi hai rinnovato desidero confermarti di aver svolto il mio interessamento in sede competente a favore del dottor...», «Caro Mario, in relazione alla tua lettera con la quale mi segnali il signor... per un adeguato incarico presso questo ministero od un ente vigilato, ti assicuro che laspirazione del tuo raccomandato sarà tenuta nella migliore evidenza per ogni possibile favorevole determinazione...», «Caro Ministro, ti comunico che le aspirazioni della signorina... che mi hai segnalato saranno considerate con ogni possibile consentito riguardo...». Una volta si faceva così, come raccontano le lettere scritte a macchina che vedete qui a fianco. Per trovare un posto, scavalcare una graduatoria, ottenere un trasferimento o una promozione cerano i santi in paradiso che tu non avevi mai. Oddio, una volta. Soltanto un mese fa Focus, la rivista, ci aveva spiegato con unindagine di mercato che in tempi di precariato flessibile, futuro incerto e felicità a momenti, sei italiani su dieci si dichiaravano favorevolissimi alla raccomandazione, dal punto di vista ideologico oltre che pratico. E che le donne, più che gli uomini, fossero particolarmente sensibili alla spintarella.
Ma a quanto pare qualcosa è cambiato in questo mese e mezzo e noi neanche ce ne siamo accorti. La raccomandazione non conta più, o conta meno almeno per i laureati. Non ci credete? Neanche noi. Per trovare un lavoro, ci illumina però il Censis, è molto più utile inviare un bel curriculum, meglio se allestero perché il neo assunto guadagna subito di più. Dati alla mano: solo il 35% dei laureati italiani appena usciti dalluniversità si becca uno stipendio dingresso netto superiore ai 1.300 euro, contro il 73% di quelli che vanno fuori, cioè più del doppio. Non solo: mentre allestero il 43% dei neo dottori guadagna più di 1.700 euro netti in Italia a quei livelli arriva al massimo il 9,2%. Anche oltre frontiera il curriculum ti sistema una volta su quattro, poi però linserzione è spesso decisiva e solo uno su dieci prende la scorciatoia della raccomandazione.
Ci sono poi un paio di cosette interessanti. La prima: più di uno su quattro, come si diceva, trova lavoro grazie a un bel curriculum (28%), cioè più del doppio di chi si piazza con la segnalazione di amici e parenti(12,6%), il pubblico concorso (11,6%), e le inserzioni su internet e giornali (9%). Come trovi lavoro il restante 40% però non sè capito, forse raccomandandosi alla Madonna. La seconda: il cursus honorum è praticamente lo stesso, cioè i nostri laureati sono più o meno bravi come gli altri ma sono le opportunità professionali che sono diverse. I laureati che vanno allestero si piazzano subito su livelli professionali più alti dei loro compagni di corso che restano in Italia. Il 32,1% in Europa e nel mondo è già quadro o funzionario, qui al massimo il 17,1%. Fuggire allestero insomma conviene anche perché da noi la flessibilità vale solo per chi produce molto ma non ha niente non certo per chi ha molto ma non produce un tubo di niente.
Poi sorpresa delle sorprese: gli stage non servono quasi a niente solo al 6,4% degli italiani e al 10,8% degli stranieri. Quindi regolati: quasi sempre ti sbatti per uno che non ti merita. Al Censis poi ti spiegano che il segreto per arrivare lontano è «la capacità di relazionarsi a livello internazionale». Cioè in pratica sapere le lingue, essere aperti al nuovo, disponibili agli altri e a lavorare dove capita. Negli Usa, paradiso degli emigranti ad alta qualificazione, gli italiani, metà dei quali già dirigenti di impresa, sono 24.445, il 47,9% in più rispetto a dieci anni fa. A tutti il visto temporaneo è stato concesso o rinnovato per le «straordinarie capacità o per i risultati conquistati».
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