Fingendosi un boss si è accanito su almeno una decina di donne

Per spaventare le prostitute che voleva violentare e indurle a pratiche sessuali estreme e infine rapinarle, si armava di pistola, facendosi passare per un grosso trafficante di droga di ritorno dal Sudamerica. «Il mio capo è un pezzo grosso del narcotraffico, se non fai quello che ti dico o ti rivolgi alla polizia lui ti ammazza» - era la storiella inventata a suo esclusivo uso e consumo dall'ecuadoriano Claudet Carlos Magno Pardo. Il ventenne, in realtà, tirava di boxe e faceva il personal trainer in una palestra brianzola. Zona dov'era conosciuto anche per aver partecipato ai campionati nazionali qualche anno fa piazzandosi discretamente.

Qualche denuncia alle spalle ma in apparenza un comportamento quasi ineccepibile, Pardo è stato arrestato a giugno, dopo 3 mesi di indagini serrate, dagli investigatori del distaccamento della polizia stradale di Seregno. Che al momento lo inchiodano per aver stuprato una lucciola romena di 29 anni e altre due albanesi nell'ottobre 2013 dopo averle adescate come un normalissimo cliente lungo la superstrada Milano-Meda. Tuttavia la Polstrada non esclude che il giovane sia un vero e proprio stupratore seriale, che potrebbe aver commesso almeno una decina di reati simili che restano, almeno per il momento, nell'ombra.

Quel che è certo è che le prostitute si erano passate parola sull'esistenza di quel tipo basso e tarchiato che prima pattuiva una prestazione in albergo e poi passava allo stupro in auto, tra la boscaglia, con minacce da mafioso e pistola in pugno.

A denunciare per prima e a far scattare le indagini però è Violeta (il nome è inventato, ndr ) una romena 29enne che nell'aprile scorso ferma una pattuglia della Polstrada. È ridotta male Violeta. Alle profonde umiliazioni si sommano le ferite fisiche rimediate nell'aver avuto a che fare con quel soggetto rozzo e sadico. Che prima le ha promesso del denaro per fare sesso in un albergo lungo la statale dei Giovi, quindi l'ha portata con il suo Suv Honda scuro nella boscaglia del comune di Bovisio Masciago, ha tirato fuori la pistola raccontando di essere un mafioso, l'ha costretta a fare quel che lei non voleva, quindi l'ha rapinata dei propri averi, abbandonandola come uno straccio buttato via dopo l'uso.

La ragazza è sconvolta, rifiuta persino di parlare con gli investigatori in borghese perché li teme complici del «narcotrafficante» Pardo, venuti per ucciderla. Poi si fa visitare e si affida alla Polstrada.

Seguono mesi di accertamenti tecnici, ma anche di pedinamenti vecchio stile, con l'aiuto della Scientifica che analizza il materiale biologico lasciato dall'ecuadoriano sul posto e le altre due denunce raccolte in strada da altre lucciole. E l'arresto arriva a giugno.

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