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Fini adesso fa l’offeso: alta tensione nel Pdl

«Il punto è soprattutto uno: riguadagnare un peso nelle decisioni interne al Pdl». Prima e dopo la telefonata con Silvio Berlusconi, nei suoi colloqui privati Gianfranco Fini è stato piuttosto chiaro. La novità degli ultimi mesi, infatti, non sta tanto nelle posizioni spesso «minoritarie» dell’ex leader di An - che non a caso anche nel suo intervento al congresso fondativo del Pdl non aveva avuto alcuna remora ad auspicare dibattiti interni nei quali era «pronto ad andare in minoranza» - quanto nell’avvicinarsi delle grandi manovre in vista delle regionali del 2010, destinate a rinsaldare alleanze (con la Lega) e aprire probabilmente a nuove intese (con l’Udc, anche se solo in alcune regioni). Senza contare che sono ben 13 i candidati presidenti che il Pdl (e solo in alcune regioni anche il Carroccio) dovrà designare. Fini, insomma, lascia intendere chiaro e tondo di non avere alcuna intenzione di restare ancora alla finestra. «Come presidente della Camera devo essere super partes e garantire tutti - è il suo ragionamento - ma questo non significa essere esclusi da qualsiasi processo decisionale che riguarda un partito di cui sono il cofondatore».
Un’incomprensione profonda se nemmeno la telefonata partita da Palazzo Grazioli durante il vertice del Pdl e i tanti assist di Berlusconi nel suo intervento alla festa di Atreju sono riusciti a calmare le acque. Al punto che se due giorni fa il presidente della Camera si era affidato a dichiarazioni fatte trapelare dal suo entourage, ieri ha deciso di scendere in campo in prima persona. «Per quanto l’ottimismo di Berlusconi sia proverbiale - dice Fini quando sono ormai quasi le nove di sera - definire fraintendimento le tante valutazioni di carattere politico su cui nel Pdl è necessario discutere è non solo riduttivo ma soprattutto rischia di non contribuire a risolvere i problemi». Il sottotesto, affidato rigorosamente in privato a pochi fedelissimi, è chiaro: «Non farò da punchingball, non mi presterò agli affondi solo perché Berlusconi alterna bastone e carota». Secondo l’ex leader di An, infatti, «il copione di ieri è lo stesso del giorno dell’affondo del Giornale». In cui, ricordava ieri, Ignazio La Russa aveva promesso di prima mattina una presa di distanze del Cavaliere che è arrivata solo a sera. «Dopo una giornata sulla graticola», per dirla con le parole di Fini.
Per questo la netta presa di distanze nonostante i segnali di pace arrivati durante tutta la giornata da Palazzo Chigi. Perché, spiega Benedetto Della Vedova, ex radicale oggi vicino al presidente della Camera, «lasciar cadere la questione come nulla fosse non avrebbe fatto altro che far passare il messaggio di un Fini emarginato». L’ex leader di An, invece, è deciso a tenere il punto. E oggi al seminario azzurro di Todi non farà che ribadirlo con un intervento sulla falsariga di quello che fece in occasione del congresso di fondazione del Pdl: nessuno scontro frontale, ma nessuna omissione rispetto alle cosiddette «incomprensioni». Che certo non saranno affrontate sabato sera, quando a Villa Madama i due si siederanno allo stesso tavolo in occasione del G8 dei presidenti delle Camere. Ma più probabilmente in un faccia a faccia già la prossima settimana, quando più che le questioni della bioetica o dell’immigrazione si discuterà dei meccanismi decisionali all’interno del Pdl. «Un ruolo - spiegava Fini ai suoi qualche giorno fa - a cui non voglio rinunciare».
D’altra parte, il presidente della Camera non nasconde nelle conversazioni private di essere stato «escluso» da tutte le ultime decisioni importanti: dalla candidatura alla presidenza della Sardegna di qualche mese fa, alle nomine Rai. Uno schema che nelle sue intenzioni non si può ripresentare anche con la tornata delle regionali 2010. Così, nonostante ieri Berlusconi abbia sostanzialmente investito Giuseppe Scopelliti (un ex An vicino a Fini) come candidato governatore in Calabria, il presidente della Camera ha deciso di affondare il colpo. Non solo perché sul tavolo c’è anche la partita del candidato presidente del Lazio - con Fini deciso a sostenere Renata Polverini - ma anche per mandare un «segnale inequivocabile».

Che nel primo pomeriggio uno dei partecipanti al vertice di Palazzo Grazioli - con i triumviri del Pdl, capigruppo e vicecapigruppo - aveva così interpretato: «Bisogna stare attenti a Gianfranco perché quando si irrigidisce diventa difficile fargli cambiare idea».

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