Massimiliano Scafi
da Roma
No, noi no, dice Gianfranco Fini, noi di An «siamo fedeli» e quindi «non siamo minimamente toccati dalle critiche che Silvio Berlusconi ha rivolto agli alleati». Noi, spiega, «abbiamo sempre ribadito il nostro sostegno al premier, non solo a parole ma con i fatti, ogni volta che è stato fatto oggetto di attacchi e di campagne di demonizzazione». Noi, insiste, siamo con lui perché «non è certo il presidente del Consiglio ad avvelenare i pozzi della campagna elettorale», è la sinistra che ha creato questo clima e che «ora non si può lamentare: chi è causa del suo mal pianga se stesso». E noi della Cdl, conclude, «non dobbiamo fare come i galli di Renzo, perché il nostro avversario è Prodi».
Allineati e coperti, quasi schiacciati. Ma cè un punto non marginale sul quale Fini, parlando allassemblea nazionale di An allhotel Ergife, prende le distanze dal Cav: la richiesta di «chiarezza» nei rapporti tra i Ds e i 50 milioni di Consorte. «Non ho avuto modo di parlare con il premier - dice il ministro degli Esteri - , non ho ben capito le sue parole. Se le ha dette, avrà le sue buone ragioni». Però secondo Fini «la verifica di eventuali profili di illecito penale deve essere accertata dalla magistratura: quello è compito dei giudici, non della politica». Meglio quindi, per il vicepremier, che la battaglia della Cdl resti sul piano strettamente politico. «La magistratura stabilirà le conseguenze penali, a noi invece tocca approfondire con un confronto serrato la trasparenza di alcune pratiche che vedono, in intere regioni italiane, la cosa pubblica gestita in modo intollerabile».
Del resto, aggiunge, «credo che il danno più forte che può venire ai Ds non sta nel possibile rilievo penale delle vicenda, ma dalla fine della stagione della loro presunta diversità». «Per anni - incalza Fini - la sinistra ha cercato di azzerare i nostri consensi contestando il nostro diritto-dovere di governare credendosi moralmente superiore». Ora, sostiene, è tutto diverso. La storia di Unipol «dimostra che la sinistra ha perso la sua aureola, ha stinto limmagine alla Pellizza da Volpedo, e che non ha più titoli morali e etici per dare lezioni ad altri». Insomma, «il re è nudo».
Quanto al clima da rissa, «se siamo in una situazione di veleni non più idonea per una campagna elettorale, certamente la responsabilità non si può dare alla Cdl». Semmai, dice ancora Fini, proprio alla sinistra «che in questi anni ha tentato di demonizzare e di delegittimare perfino il risultato elettorale». E fa quasi ridere, aggiunge, «dopo limbarbarimento del confronto», che adesso sia Fassino a chiedere di abbassare i toni.
E intanto si avvicina «una prova elettorale senza precedenti, sia per laria che si respira, sia perché si svolgerà con una legge tutta nuova, proporzionale e senza preferenze». An scende in campo con il nome di Fini nel simbolo: «Per noi è lultimo degli esami, sapendo di aver superato tutti quelli precedenti». Via libera dunque alla competizione interna, via libera allorgoglio di partito: «Alla gente chiediamo maggiore fiducia, per poter dar vita a un nuovo centrodestra e poter guidare lItalia in prima persona». Che significa, che Fini vuole andare a Palazzo Chigi? «Il nostro - risponde - non è un ragionamento rivolto contro gli alleati. Disorienteremmo gli altri amici della Cdl senza risolvere i problemi, perché lavversario è Prodi, non Berlusconi o Casini». Però attenzione: «Con la stessa lealtà di sempre, An dice che si sente pronta e che non si sente subordinata ad altri, se non al consenso degli elettori», perché «si vince solo con la destra».
Sarà, conclude Fini, un appuntamento cruciale. «Alle prossime elezioni non è in gioco solo il futuro dellalleanza ma lavvenire del Paese. Leventuale vittoria dellUnione porterebbe una restaurazione politica e il ritorno a pratiche lottizzatrici del passato».
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