Fini a Berlusconi: «Siamo leali ma facciamo il partito unico»

«La destra siamo noi» Applausi unanimi dall’assemblea di An

da Roma
Quando Gianfranco Fini sale sul palco dell’Assemblea nazionale del suo partito, la domanda scorre nella mente di tutti. Quali parole il leader di An spenderà per la mini-scissione orchestrata da Francesco Storace? Si impegnerà in una ruggente confutazione delle tesi dell’ex governatore del Lazio, impegnato nella sua operazione scissionista alla destra di An, oppure cambierà schema e si concentrerà sul suo ruolo di leader nazionale?
Fini, alla prova del palco, sceglie la seconda strada. Ai fuoriusciti dedica una dose omeopatica di parole. «È vero che c’è qualcuno che se ne va» dice «ma ci sono tanti, tanti altri che vengono a condividere con noi la nostra battaglia politica». Si concede un appello alla lealtà e alla schiettezza dai toni tutt’altro che cesaristi: «Dite tutti con sincerità se siete d’accordo sulle mie proposte. Non fatemi scoprire solo dopo che ci sono dissensi non dichiarati». Ma poi, liquidato il caso Storace, allarga il suo angolo visuale e lancia la sua offensiva d’autunno promettendo ai suoi, per il 2008, il rilancio di un partito «che sia centrale e non di centro» e una politica movimentista nell’area del centrodestra, con una competizione aperta anche su Forza Italia.
«In autunno dobbiamo far discendere dal nostro sistema di valori proposte concrete, fresche e innovative. Noi siamo leali verso Berlusconi, del quale riconosciamo la leadership, ma dobbiamo rafforzare l’immagine identitaria del partito nella Cdl perché in Italia la destra c’è e siamo noi, non Forza Italia». Un’immagine che verrà scolpita anche attraverso una conferenza programmatica, prevista per ottobre: un’occasione in cui presentare un vero e proprio «progetto Italia, con una decina di proposte, anche innovative». Senza trascurare una manifestazione di piazza targata An, senza gli altri alleati della Cdl. «Noi non ci lecchiamo le ferite perché se n’è andato Tizio o Caio e torneremo in piazza per dimostrare che siamo una grossa forza di destra». Fini torna anche a rivendicare la scelta sul referendum. Ma imputa a Berlusconi di aver commesso «un errore» rinunciando al partito unico. «Il leader di Forza Italia si illude quando dice che è un processo che deve partire dal basso. Questo è un errore strategico ma non per questo ci stracciamo le vesti».
La relazione di Fini viene approvata all’unanimità. Ma quello che colpisce è il clima complessivo di un partito - in passato certo non immune alla critica anche frontale verso il leader - che si stringe attorno a Fini, con una intensità forse mai vista prima. Gli attestati di stima sono manifesti, volutamente scolpiti ed espliciti. Ignazio La Russa, ad esempio, definisce quella del leader «una relazione di svolta che fa capire come il presidente di An si ponga come leader della nostra comunità non solo politica, ma anche umana». Gianni Alemanno prima fa autocritica, definendo l’anno post-elettorale appena trascorso «un po’ sonnambolico per il centrodestra». Poi, però, entra nel vivo e attacca in maniera frontale il convitato di pietra della riunione. «Nella mia folle sfida a Veltroni per il Comune di Roma, Storace, ex governatore del Lazio, non c’era, si sfilava, era altrove. Al mio fianco c’era Fini, un uomo leale e una persona vera. Alla fine si è visto che il comportamento di Storace è stato determinato sempre più non da motivazioni politiche ma personalistiche». E se Carmelo Briguglio, ex storaciano, applaude la relazione di Fini e invita ad avere «la doppia identità: destra di coalizione e destra di movimento, autonoma e protagonista», Domenico Nania distilla qualche goccia di veleno affermando secco: «Non è che Berlusconi non voleva fare la federazione. Non la voleva fare con Fini». Adolfo Urso, a sua volta, applaude il leader e invita An a «non diventare un partito-veto ma un partito-guida». Mario Landolfi sceglie un’immagine efficace per illustrare la frustrazione per un progetto che non decolla. «Il partito unico è come una finestra disegnata su un muro dalla quale nessuno può affacciarsi». Maurizio Gasparri saluta un’identità ritrovata: «Credo che la destra sia qui, non altrove». La chiosa finale è per il portavoce, Andrea Ronchi.

«Il partito oggi non ha prodotto solo unanimità, non ha detto sì meccanicamente al capo. Piuttosto ha sposato un progetto, quello di Fini, ancorato ai valori ma teso verso la modernità che punta a rafforzare il centrodestra con An come motore dell’alleanza».

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